Alle 3.32 la lettura dei nomi delle 309 vittime e altrettanti rintocchi del campanile. L’Aquila si è fermata nel suo dolore con una fiaccolata silenziosa che ha attraversato il cuore di una nazione che non dimentica. Di “dovere della memoria” ha parlato il premier Conte che ha preso parte al corteo di familiari, associazioni, sindaco e tanti cittadini arrivati anche da fuori Abruzzo.
Dieci anni come un giorno: il tempo trascorso dalla notte del 6 aprile 2009 non è bastato a cancellare il dolore dal cuore dei familiari delle 309 vittime, morte sotto le macerie del terremoto. Oggi come allora, la città si è stretta in un immenso abbraccio e, insieme, ha ricordato i suoi morti con una fiaccolata silenziosa e commossa. Migliaia gli aquilani che si sono dati appuntamento in via XX Settembre, sicuramente molti di più di quanti non fossero gli scorsi anni, come molti di più sono stati i giornalisti tornati nel capoluogo abruzzese dopo che i riflettori si erano spenti man a mano che trascorrevano gli anni dalla tragedia.
“È triste leggere negli occhi di mamma e papà la certezza: neanche stasera tornerà a casa”. Hanno sfilato tra fiaccole e lacrime. I loro volti impressi su gigantografie. I loro nomi scritti in ordine alfabetico su un grande lenzuolo. Sono tanti, troppi, i giovani morti la notte del 6 aprile 2009.
Glielo ha spiegato con chiarezza Vincenzo Vittorini al premier Giuseppe Conte. “Saprà che siamo riuniti in un coordinamento nazionale che riunisce i familiari di tutte queste stragi. È arrivato il momento di dire basta. Perché sono veramente troppe”. Al premier, il medico che perse sotto il sisma la moglie e la figlia, ha annunciato: “Abbiamo presentato un documento al ministro della Giustizia. E speriamo che venga fatto qualcosa. È il frutto del lavoro di tante famiglie che vogliono che nessun altro abbia a patire le stesse pene. Si parla di prevenzione, di sicurezza antisismica, del rischio idrogeologico e di fare verità su tutte queste vicende luttuosi e di una giustizia più giusta per le parti civili. Vorremmo processi per disastro colposi. Investire in prevenzione e cultura. Rimettere in sicurezza le scuole che a norma ce ne sono poche. E un salto di qualità verso l’obiettivo: zero morti per fatti tragici”.
“Dieci anni sono un tempo abbastanza lungo per poter tirare le somme di una tragedia come quella che è accaduta il 6 aprile 2009 a L’Aquila e, oggi, quel conto è in negativo. E parlo delle vite umane. La vita umana che è il primo valore in assoluto, è stato considerato pari a zero“. Il J’accuse arriva dall’avvocato Maria Grazia Piccinini, mamma di Ilaria Rambaldi, studentessa di Lanciano morta sotto le macerie. “Molto, moltissimo è stato fatto per alleviare i disagi e le sofferenze di coloro che erano rimasti all’improvviso, senza casa, senza lavoro, senza soldi, senza cibo, senza punti di riferimento. Ma per i familiari delle vittime, cosa è stato fatto? – scrive in una memoria la presidente della Onlus intitolata alla figlia Ilaria. “Tante le promesse mancate, prima su tutte quella del riconoscimento di vittime del lavoro. Questo che sto vivendo – afferma – non è un normale decorso di un lutto, ma una autentica guerra”.
L’Aquila si è fermata nel suo dolore per percorrere ancora una volta la via intorno alla quale sono morte intere famiglie o studenti universitari, bambini e anziani. Al fianco del sindaco del capoluogo abruzzese, Pierluigi Biondi, anche il premier Giuseppe Conte, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, il senatore Giovanni Legnini e Walter Veltroni.
“Abbiamo il dovere della memoria – ha detto il presidente del Consiglio, che prima che partisse il corteo si è trattenuto in un breve colloquio con Vincenzo Vittorini, rappresentante delle associazioni dei parenti delle vittime -. Ci sono tante persone che hanno perso i loro cari che rivivono in questo momento una grande sofferenza. La mia presenza qui è la testimonianza che la ferita della comunità locale è una ferita della comunità nazionale”.
Il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio : “Sono convinto che una gestione commissariale più lunga sarebbe stata più utile, avrebbe messo sul binario giusto l’operazione. Oggi, invece, si combatte ancora con procedure troppo complicate: penso, ad esempio, al fatto che anche i privati debbano fare gare per assegnare i lavori in caso di utilizzo dei fondi pubblici; e poi manca il personale negli uffici, in una fase straordinaria come quella della ricostruzione dopo un terremoto di quelle proporzioni servono uomini e risorse, servono assunzioni e professionalità”.
“Sono nato in questa terra, ho vissuto qui a L’Aquila e ho sentito più di altri questa ferita. Di questi dieci anni si può tracciare un bilancio di luci e di ombre. Una cosa e però evidente: L’Aquila è rinata, e presto tornerà a volare”. Così l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta prima della partenza della fiaccolata per il decennale del sisma dell’Aquila del 6 aprile 2009. Letta, all’epoca del sisma braccio destro come sottosegretario del premier Silvio Berlusconi, ha seguito da vicino le fasi dell’emergenza e molte della Ricostruzione.
All’Ospedale De Lellis di Rieti è nato ieri sera, esattamente dieci anni dopo la scomparsa di suo zio Luca Lunari, una delle tre giovani vittime reatine del sisma dell’Aquila, il piccolo Leonardo. A mettere al mondo il bimbo è stata Valeria, una delle due sorelle del giovane studente di Rieti che il 6 aprile 2009 morì sotto le macerie della Casa dello studente.
Le cifre della ricostruzione fornite da Vito Crimi, sottosegretario con delega sui terremoti: ” quella degli edifici privati è al 73 per cento, una cifra che sale al 74 nel centro storico, cala al 55 per cento in periferia e al 21 per cento nelle frazioni”.