Il vino italiano vuole correre anche in maglia rosa. Come succede sui mercati francesi, spagnoli e in Florida. I sei distretti produttivi più significativi del Nord, Centro e Sud Italia fanno rete per la promozione unitaria dei vini ‘in rosa’. C’è anche il Cerasuolo d’Abruzzo.
Con questa premessa nasce ‘Rosautoctono’, l’Istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano, una compagine, presentata oggi al ministero delle Politiche agricole, che raccoglie i Consorzi di tutela delle denominazioni di origine più rappresentative del settore (Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte Rosato e Bombino Nero, Salice Salentino Rosato e Cirò Rosato) con l’obiettivo dichiarato di dare una spinta decisiva, non solo dal punto di vista promozionale, ma anche economico e culturale, ai più significativi territori vocati alla produzione di questa tipologia di vino.
Si tratta di un’esperienza aggregativa che ora, dopo diverse azioni messe in campo nel corso dell’ultimo anno, imbocca la strada del riconoscimento istituzionale. Un ‘new deal’ per diffondere la cultura del bere in versione rosa, che in Italia rappresenta oggi il 6% dei consumi, mentre ogni cento bottiglie vendute in Francia più di trenta sono di rosé. Ad apporre oggi a Roma la firma sull’atto costitutivo, davanti ad un notaio, sono stati infatti il neo presidente dell’istituto, Franco Cristoforetti (numero uno del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino) insieme ai presidenti Alessandro Luzzago (Consorzio Valtènesi), Francesco Liantonio (Consorzio di Tutela Vini DOC Castel del Monte), Valentino Di Campli (Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo), Damiano Reale (Consorzio di Tutela vini DOC Salice Salentino) e Raffaele Librandi (Consorzio Vini Cirò e Melissa).