Quasi 350mila persone secondo gli organizzatori, addirittura 400mila secondo le forze dell’ordine nella giornata clou della sfilata, ieri; e poi centinaia di milioni di euro di business di cui una parte importante è ricaduta sul territorio. Duemila i pullman arrivati in città da tutt’Italia: con questi numeri imponenti – che tuttavia non fanno intendere il grosso sforzo organizzativo in termini di sicurezza, piano sanitario e di protezione civile, opere pubbliche e viabilità nella gestione dell’Adunata degli Alpini – L’Aquila terremotata, L’Aquila depressa e città fantasma, ha dimostrato che ce la può fare. A uscire dal provincialismo, a pensare in grande, a rinascere dalle macerie, abbandonando il pessimismo datato 6 aprile 2009 e forse anche più vecchio. Una sfida vinta da tutti, ma adesso questo successo deve essere messo a frutto, a partire dalle ricchezze della città, come la Perdonanza celestiniana. La buona riuscita dell’Adunata infonde ottimismo anche al mondo dei costruttori. Per il presidente dell’Ance L’Aquila, Gianni Frattale, “la macchina organizzativa istituzionale è stata perfetta – ha commentato a Rete8 – ora si deve pensare a ricostruire, senza piangersi addossi, credendo in noi stessi”.
Adunata, the day after: la città si sveglia senza alpini, si torna alla vita quotidiana
The day after l’Adunata nazionale degli Alpini, L’Aquila si sveglia malinconica. Non potrebbe essere diversamente, dopo che centinaia di migliaia di persone l’hanno rivestita di gioia, di vita, di colori per tre giorni. Ma questa mattina L’Aquila non è una città triste, guarda gli alpini smontare le tende e chiudere i camper con un sorriso sulle labbra, mentre si ripuliscono le strade e si riorganizza la vita quotidiana sospesa per una settimana, come nei cantieri, rimasti chiusi per otto giorni per lasciare spazio all’invasione delle penne nere. Si smonta tutto, anche la tribuna d’onore, sperando che non si smorzino gli entusiasmi. E mentre la gran parte degli alpini si è messa in viaggio verso casa, qualcuno di loro resta a girare ancora fra le piazze – poche – praticabili, cercando monumenti e angoli da fotografare, e prodotti locali da portare via. E non manca chi, prima di andare via, si ferma per un piccolo omaggio davanti alle giovani vittime della casa dello studente. (testi di Marianna Gianforte)
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