Appello “Ciclone”: è il giorno della sentenza

montesilvano municipioE’ il giorno della sentenza d’Appello del Processo Ciclone. Questa la ricostruzione della vicenda.

Una mattina di novembre nell’ormai lontano 2006, la città di Montesilvano sconvolta al suo risveglio dagli effetti devastanti di uno dei più grandi scandali dalla prima tangentopoli abruzzese in poi. Non a caso l’inchiesta viene denominata Ciclone perché come questi spazza via in un solo colpo quasi tutta la giunta comunale di allora a cominciare dal sindaco, quell’Enzo Cantagallo che dopo una lunga attività di assessore era stato eletto a furor di popolo con percentuali quasi bulgare, primo cittadino in quota all’allora Margherita. Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Pescara guidata da Nicola Zupo, portano quella mattina di buon’ora ad eseguire una prima serie di misure cautelari per presunte tangenti riferite all’affidamento diretto ad una ditta di lavori su Via Adige. Ma è solo il più classico dei passpartout per aprire una lunga schiera di porte per dar luce su un panorama, secondo l’accusa del Pm Gennaro Varone, di antica e diffusa illegalità a Montesilvano nel perverso rapporto tra pubblico e privato. Da li seguono numerose fasi tutte segnate da ordinari episodi di corruzione in particolare da parte dei costruttori che, in cambio di mazzette, si vedono spianare strade e terreni per la realizzazione di palazzi, in barba alla legge Bucalossi, che prevede il pagamento di quote al Comune o degli accordi di programma secondo i quali a fronte della realizzazione di opere il privato dovrebbe corrispondere benefici per la collettività sotto forma di altrettante opere di urbanizzazione, in molti casi inesistenti. Tra le varie fasi la più significativa, visto poi l’esito del processo di primo grado, quella cosiddetta Greenservice: la ditta specializzata nella manutenzione del verde il cui titolare, Bruno Chiulli, considerato tra i principali test d’accusa insieme all’architetto Aurelio Colangelo. Dalle indagini è emerso che Chiulli avrebbe pagato, per un lungo periodo, un vero e proprio stipendio mensile a Cantagallo e gli avrebbe perfino comprato un pianoforte, non solo, ma sarebbe stato costretto a pagare tangenti anche ad altri assessori. Intanto nel vortice delle accuse incrociate spunta perfino una lettera anonima che getta ombre sull’operato di Zupo animato da vendetta per via di una presunta relazione tra sua moglie, allora comandante della Polizia Municipale di Montesilvano, e Cantagallo. Vicenda pruriginosa che non ha mai trovato riscontro e di cui il giudice non ha mai tenuto conto, anche perché Zupo per correttezza aveva chiesto di essere chiamato fuori dalla conduzione delle indagini, richiesta però rigettata dall’allora Procuratore Capo Nicola Trifuoggi. Alla fine risulteranno 39 gli indagati, 32 persone fisiche tra politici, dirigenti comunali ed imprenditori e 7 società. Nel dicembre del 2012 la prima sentenza: condanna per 13 imputati, tra cui Cantagallo, 17 le assoluzioni e 5 prescrizioni. Cade l’ipotesi di associazione a delinquere, ma vengono comunque riconosciuti reati importanti come la corruzione e l’abuso d’ufficio.

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