Pagare moneta, vedere cammello: ecco un detto la cui saggezza funziona sempre e ovunque, anche a Bussi. Da una parte abbiamo l’aspirante acquirente, il gruppo Toto, che prima di imbarcarsi nell’impresa – ossia rilevare e riprogettare il sito nei pressi della discarica più grande d’Europa – vuole precise garanzie sulla bonifica dello stesso. Dall’altra il commissario straordinario Adriano Goio, che attende ansiosamente il progetto dell’impresa Toto, forse anche per rintuzzare le critiche piovutegli addosso da qualche tempo. Sia Toto che Goio vorrebbero giocare a carte scoperte, possibilmente quelle dell’altro. Nel mezzo, pare persino ovvio, ci sono i lavoratori, che chiedono certezze sul crono-programma degli investimenti e sulla bonifica. <Solo in base alla conoscenza di una programmazione certa – dicono i sindacati – possiamo avviare le trattative per gli ammortizzatori sociali e il reimpiego dei lavoratori>. Qualche tempo fa sull’argomento era intervenuto anche il deputato di Sel, Gianni Melilla, che ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere ai ministeri competenti se non sia il caso di convocare parti sociali, Regione Abruzzo ed enti locali, allo scopo di verificare gli impegni sottoscritti dalla Solvay; gruppo che, tra l’altro, non sarebbe in crisi: chimica fine, cloro e derivati tirano ancora, come testimonia il recente accordo stretto con il colosso inglese Ineos, che conta addetti e i impianti sparsi in nove Paesi Europei. Esclusa Bussi, a quanto pare. Tornando a bomba, anzi alla bomba ecologica, la somma dei fattori non sembra ancora favorevole. Tentiamo l’addizione: la Solvay, che deve mettere in sicurezza il sito; più lo Stato, che deve bonificare; più l’imprenditore, che deve comprare; più i lavoratori, che vogliono lavorare, uguale: zero. La reindustrializzazione può attendere.

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