Bussi, il “Decreto del fare” blocca la bonifica?

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bussi polo chimicoIl WWF lancia un appello ai parlamentari eletti nella regione affinché si mobilitino nei prossimi giorni per tutelare la salute e l’ambiente degli abruzzesi cambiando due norme letteralmente dirompenti contenute nel cosiddetto “Decreto del Fare” che ora è all’esame del Parlamento per la conversione in legge. Infatti, il testo voluto dal Governo può portare ad effetti gravissimi sulla questione della bonifica del sito di Bussi (nonché di tutti i siti inquinati presenti nella regione, come il Saline-Alento e l’area industriale di Chieti) e sulla vicenda della Centrale Powercrop ad Avezzano. La prima norma, contenuta nell’art.41, riguarda le bonifiche dei siti inquinati. Addirittura, anche in caso di conclamato impatto sulla salute dei cittadini (invitiamo a leggere l’incredibile formulazione del testo!), si subordina la rimozione delle cause che hanno portato all’inquinamento delle falde acquifere alle esigenze economiche delle aziende coinvolte. Sostanzialmente, in caso di “insostenibilità economica” (il decreto non precisa neanche in che termini, basterà un’autocertificazione?), invece di rimuovere terreni inquinati e rifiuti sotterrati si potrà agire solo sugli effetti e, cioè, limitarsi a trattare le acque inquinate, senza limiti di tempo. Si interviene, quindi, sui sintomi e non sulla cura della malattia. A peggiorare, se possibile, il quadro, il decreto indica che il trattamento delle acque deve assicurare solo una “attenuazione” e “riduzione” del livello degli inquinanti che fuoriescono dal sito inquinato attraverso le acque, senza precisare valori. Pertanto se si passa da valori 1000 volte superiori ai limiti a “solo” 500 volte le soglie, un’azienda potrebbe dire di aver rispettato il dettato del Decreto? Il tutto per sostanze cancerogene e tossiche con impatto devastante e, in alcuni casi, permanente, sull’ambiente e sulla salute della popolazione. Il caso di Bussi potrebbe essere paradigmatico per l’applicazione di queste incredibili norme che mettono alla mercé del profitto il diritto alla salute, visto che la vera bonifica potrebbe essere rimandata sine die facendo permanere per i prossimi decenni il solo trattamento delle acque a valle dell’area inquinata.

La seconda norma, contenuta nell’Art.9, a prima vista appare sacrosanta, visto che si applica ai casi di mancata spesa dei fondi comunitari, arrivando a commissariare le realtà che presentano ritardi. In realtà, il provvedimento di commissariamento può arrivare non solo per superare “inadempienze” ma anche per scavalcare non meglio precisate “criticità” facilitando l’iter amministrativo. La Regione sarebbe solo “sentita” prima del Commissariamento. Nel caso della mega-centrale a biomasse Powercrop, su cui il consiglio regionale ha espresso un chiaro dissenso, è facile prevedere la riproposizione di un commissario, dopo che quello nominato recentemente è decaduto a seguito della dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale di una norma voluta dal Governo Monti nel 2012 delle stesso tenore di quella rientrata ora dalla finestra nel cosiddetto “Decreto del Fare”.

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Carmine Perantuono
Laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1997. Ricopre il ruolo di Direttore Responsabile di Rete8.

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