Sono state fissate al 2 e 3 ottobre le prossime udienze in Corte d’Assise a Chieti del processo con rito abbreviato a carico di 19 imputati fra ex dirigenti ed ex tecnici della Montedison per le discariche dei veleni scoperte intorno allo stabilimento di Bussi. Dopo una pausa di 5 mesi il processo è ripreso questa mattina nell’aula consiliare del comune di Chieti. Il presidente del collegio, Camillo Romandini, ha stilato il nuovo calendario delle udienze che ripartiranno il 2 e 3 ottobre con la requisitoria dei due pubblici ministeri Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini. Poi ci saranno due udienze con le requisitorie degli avvocati delle parti civili, sei con quelle dei legali degli imputati accusati di avvelenamento delle acque e disastro ambientale. Prima di Natale dovrebbe essere emessa la sentenza. Sono 27 le parti civili che si sono costituite in questo processo ; tra esse c’è la Regione e in aula oggi erano presenti anche il Governatore d’Abruzzo Luciano D’Alfonso , l’assessore regionale all’Ambiente Mario Mazzocca e il direttore dell’Agenzia Sanitaria Regionale Amedeo Budassi.
Il presidente D’Alfonso ha annunciato che i dati dell’indagine epidemiologica avviata sul territorio ed altri atti saranno sottoposti all’attenzione dei giudici perché sia fatta giustizia e soprattutto certi fatti non si ripetano più in futuro . Intanto si dovrà lavorare affinchè quell’area venga bonificata. “Deve essere un futuro di sanezza dal punto di vista ambientale e di potenza dal punto di vista economico. La comunità di Bussi – ha spiegato – ma anche la comunità della Vallata del Pescara è una comunità che si ritrova con due fattori di meno: c’è un fattore di meno dal punto di vista della salubrità ambientale, nell’igiene e della vivibilità ambientale rilevano tutti e c’è una straordinaria difficoltà impeditiva nei confronti anche dell’arrivo di investitori. Ogni investitore che deve arrivare si pone il problema del che c’è sotto e quanto dura quello che c’è sotto, dove arriva, quanto è grande quello che c’è sotto, quanto è problematico, quanto è difficoltoso da immaginare come base di recupero e anche di ripristino. Tutto quanto questo – ha sottolineato il Governatore D’Alfonso – costituisce una difficoltà anche per chi fa governo attivo e io sono in rappresentanza di un governo attivo che rappresenta gli interessi esponenziali della comunità”.
Le associazioni nel frattempo suonano la sveglia ai sindaci e li esortano a pretendere la messa in sicurezza di quella zona perché – come evidenzia Bussiciriguarda in una nota – solo una bonifica seria porterà occupazione e pertanto “bisogna procedere insieme”.
Oggi il processo è ripreso dopo una lunga pausa: lo scorso 11 aprile la difesa di 16 dei 19 imputati aveva presentato alla Corte di Cassazione la richiesta di rimessione, chiedendo ai supremi giudici di trasferire il processo dinanzi ad altro organo giudicante, ritenendo che quello di Chieti non fosse abbastanza sereno e obiettivo. Nell’istanza di rimessione si sosteneva, fra l’altro, che fra le 700.000 persone presumibilmente contaminate dal consumo di acqua inquinata potevano essere annoverati anche i giudici popolari, in un certo senso più vulnerabili rispetto ai giudici professionali. La Cassazione, nel rigettare l’istanza, non ha fra l’altro riconosciuto il rischio di suggestionabilità dei giudici non togati.
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