“Il supertestimone del delitto Cagnetta è stato ucciso”. E’ la forte convinzione espressa da Angelo Ciarelli, proprio l’uomo condannato per l’omicidio, in una lettera scritta al quotidiano “Il Centro” dal Carcere di Lanciano, dove sta scontando la condanna a 21 anni inflittagli in primo grado dalla Corte d’Assise di Chieti. Non è il solo ad avere dubbi, Ciarelli, sulla overdose che ha stroncato Ivan Battaiola, il 12 luglio scorso. Sono ancora in corso le indagini della squadra mobile di Pescara sulle circostanze della sua morte, avvenuta non appena l’uomo uscì dal carcere e pochi giorni dopo la fine del processo ad Angelo Ciarelli. Un dibattimento e una inchiesta nel corso dei quali Battaiola tenne un comportamento ritenuto equivoco dallo stesso imputato. In un primo momento fu lui a collocare Angelo Ciarelli sulla scena del delitto Cagnetta. Poi ritrattò tutto durante il confronto con lo stesso Ciarelli. “La morte quantomeno sospetta di Battaiola”, afferma Ciarelli nella lettera al Centro, “ha tolto di mezzo l’unica persona che era a conoscenza della verità sul delitto Cagnetta, cioè di quanto avvenuto realmente quel giorno al Ferro di Cavallo. L’unico, che un giorno preso dal rimorso avrebbe potuto definitivamente scagionarmi, e rivelare il nome di chi ha sparato”. Dichiarazioni che investigazioni e inquirenti valutano con le molle, ritenendo chiuso con il processo e la condanna il caso Cagnetta, ma contemporaneamente aperto quello Battaiola: in attesa dei referti tossicologici definitivi, la tesi prevalente è che sia deceduto per overdose dopo sei mesi di astinenza in carcere. Una potente dose, adombra adesso Ciarelli, generosamente regalatagli da qualcuno come premio per il suo silenzio, e allo stesso tempo perché quel silenzio rimanesse eterno.

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