E’ imperniato su uno scontro di periti il processo d’Appello al via a L’Aquila per i 4 condannati in primo grado per il crollo della Casa dello Studente in cui persero la vita, la notte del 6 aprile 2009 otto giovani universitari. Ad impugnare la sentenza di primo grado sono stati i legali degli ingegneri Bernardino Pace, Pietro Centofanti, Tancredi Rossiconi, cui è stata inflitta la pena di 4 anni, e di Pietro Sebastiani, condannato a due anni e mezzo. La loro responsabilità è legata ai lavori di ristrutturazione dell’immobile svoltisi nel 2000, rispetto ai quali la sentenza emessa in primo grado con il rito abbreviato accolse le conclusioni della perizia Mulas, che evidenziò lacune ed imperizie nella realizzazione degli interventi. A carico di chi progettò e realizzò l’edificio negli anni ’60, infatti, il procedimento non è nemmeno sostanzialmente iniziato: sono tutti o deceduti o non in grado di prendere parte al processo. Per smontare la perizia Mulas, i legali dei 4 imputati, gli avvocati Mercurio e Massimo Galasso, sono intenzionati ad introdurre in appello nuovi accertamenti tecnici che dimostrerebbero come i lavori di ristrutturazione non abbiano gravato sulla tenuta dell’edificio. Nel processo di primo grado vennero assolti gli altri quattro imputati, che nella gestione della Casa dello Studente avevano competenze amministrative. Ma altrettanto –se non più- interessante- si profila il parallelo giudizio civile su quella tragedia. Ad intentare l’azione giudiziaria annunciata dall’avvocato Wania Della Vigna contro la Regione Abruzzo e l’Azienda per il diritto agli studi universitari dell’Aquila sono complessivamente 11 parti civili: quattro giovani sopravvissuti ed i familiari di Hussein Hamade, detto Michelone, una delle vittime del crollo.