Discarica Bussi: Le ragioni del ricorso in appello

abeteluca

BussiIl prossimo 4 marzo scadono i termini per la presentazione del ricorso in appello alla sentenza di assoluzione per i 19 imputati del processo sulla discarica dei veleni in Val Pescara e c’è da giurare che per quella data i Sostituti Procuratori di Pescara Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini abbiano provveduto ad illustrarlo nel dettaglio. “Le sentenze non si commentano, si appellano” si usa dire in ambito giudiziario, ma sulle motivazioni rese dai giudici di Corte d’Assise gli spunti sui quali costruire un ottimo ricorso ce ne sono diversi. Bocche cucite, ovviamente, dalla Procura dove, dopo una settimana di studio delle 180 pagine di motivazioni, si è al lavoro per puntualizzare la lunga requisitoria e demolire, magari con qualche asso nella manica, una sentenza che ha scatenato non poche polemiche. “Le condotte poste in essere dagli imputati non denotano affatto una comune e precostituita volontà criminosa, frutto della volontà di occultare lo stato di contaminazione della falda, potendosi al più ritenere che vi sia stata la volontà di rappresentare un quadro della contaminazione del sito dello stabilimento tale da limitare le doverose attività di messa in sicurezza e bonifica.” Su questo aspetto delle motivazioni di assoluzione si concentrano le maggiori perplessità, in quanto è stato già ampiamente spiegato, prove alla mano, che i vertici della Montedison erano ben consapevoli di quello che stavano facendo e se erano certi dell’assenza di pericolosità non avrebbero avuto problemi a renderlo pubblico, ma non l’hanno fatto. C’è poi l’equivoco legato alla separazione tra l’acqua del pozzo e quella di falda, secondo i giudici l’acqua emunta al Campo Pozzi era sostanzialmente potabile e minimamente contaminata, mentre l’acqua di falda non era neppure ipoteticamente destinabile per scopi alimentari. In realtà siamo di fronte ad un’unica falda, come è stato già dimostrato in dibattimento e sarà evidentemente spiegato meglio in Appello e la contaminazione, tra l’altro in un bacino ristretto, non può che essere unica. C’è poi la questione della prescrizione sul riconoscimento di disastro colposo non però punibile. Secondo i giudici, per stabilire i termini di prescrizione, bisogna fare riferimento al 1995, ma c’è il precedente del processo Eetrnit dove l’origine dei fatti viene collocata al momento della chiusura della fabbrica e se vale questo precedente a Bussi la Montedison ha chiuso nel 2002. La peculiarità di questo processo cosi complicato e che ha attraversato un percorso particolarmente tortuoso è che le prove ci sono, a differenza, magari, di altri processi dove si procede per vie indiziarie, ma a queste viene data un’interpretazione differente e su questo, in sede d’Appello, la pubblica accusa dovrà battere maggiormente i pugni e convincere i giudici dell’Aquila che non siamo di fronte ad un’inconsapevole contaminazione di scarsa influenza sulla collettività, ma di vero e proprio avvelenamento operato coscientemente, tanto da volerlo tenere nascosto a tutti.

Sii il primo a commentare su "Discarica Bussi: Le ragioni del ricorso in appello"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato


*