Discarica dei veleni, La Procura sceglie la via breve?

bussi discaricaDopo aver accuratamente studiato le 180 pagine di motivazioni alla sentenza di assoluzione in Corte d’Assise per i 19 imputati nel processo per la discarica dei veleni in Val Pescara, la pubblica accusa rappresentata dai sostituti procuratori Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini pensano di avere le carte giuste per aggirare il ricorso in Appello e ricorrere direttamente in Cassazione. Sotto il profilo formale il ricorso al terzo grado di giudizio, secondo il nostro ordinamento, é consentito qualora vi fossero dubbi su una non corretta applicazione delle norme ed é questo, evidentemente, che dovrebbero aver ravvisato i Pm pescaresi, studiandosi anche le virgole del dispositivo scritto dal giudice a latere Paolo Di Geronimo, componente del collegio presieduto da Camillo Romandini. Si punta, dunque, non tanto al riconoscimento di colpevolezza degli imputati, quanto alla legittimità della sentenza in Corte d’Assise, allo scopo di vederla annullare dai giudici della Corte Suprema. Alcuni passaggi della sentenza  riguardavano l’interpretazione delle prove che comunque non sono mai mancate in questo processo; in particolare la distinzione tra i pozzi e la falda, i primi chiusi, la seconda non pericolosa – secondo i giudici – perchè non destinabile a scopi alimentari. L’accusa, invece, prove alla mano, ha sempre detto, contestando la mancata applicazione dell’articolo 439,  che non può esserci una distinzione visto che i pozzi emungevano dalla falda fino ad una profondità di 60 metri . Altra erronea applicazione delle norme, sempre secondo i magistrati ricorrenti, quella sul dolo, tanto da trasformare il capo d’imputazione in disastro colposo e dunque prescritto. Anche qui ci sarebbero gli estremi per ravvisare una cattiva interpretazione dell’impianto probatorio a disposizione.

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