Discarica dei veleni: la Provincia di Pescara chiede 100 milioni

Processo BussiSeconda giornata dedicata agli interventi degli avvocati di parte civile al Processo in corte d’assise a Chieti sulla discarica dei veleni in Val Pescara . A parlare , nella sala consiliare del municipio , nell’udienza a porte chiuse, sono stati i legali di enti ed associazioni che hanno avanzato richieste milionarie di risarcimento dei danni nei confronti dei diciannove imputati ( ex dirigenti ed ex tecnici della Montedison) accusati di disastro ambientale ed avvelenamento delle acque. Nella precedente udienza l’Avvocatura dello Stato , in rappresentanza del Ministero dell’Ambiente, della presidenza del Consiglio dei Ministri della Regione Abruzzo e del Commissario del bacino Aterno Pescara, ha chiesto 1 miliardo e 880 milioni di euro di risarcimento. All’udienza odierna hanno partecipato nuovamente il Governatore d’Abruzzo Luciano D’Alfonso e i rappresentanti delle associazioni ambientaliste , a cui si sono aggiunti il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco e numerosi sindaci che hanno indossato la fascia tricolore. La Provincia di Pescara ha chiesto 100 milioni di euro di risarcimento, quasi 3 milioni di euro il comune di Castiglione a Casauria e 1 milione e 200 mila euro quello di Alanno, come ci hanno riferito l’avvocato Lino Sciambra che rappresenta le due parti civili nel processo e i sindaci Luciano Lattanzio e Vincenzo De Melis.

Legale Wwf, giustizia al nostro territorio
Oggi intervento del Wwf come parte civile nel processo sulle mega discariche di Bussi sul Tirino in Corte di Assise a Chieti. “Da quando esiste l’uomo e’ reato avvelenare le acque; la verita’ di questo processo e’ semplice: per i soldi, la classe dirigente di uno dei gruppi industriali piu’ importanti del nostro Paese, ha avvelenato l’acqua destinata al consumo alimentare di oltre 700.000 persone e noi siamo qui affinche’ si dia giustizia al nostro territorio”. Sono state queste le parole iniziali di Tommaso Navarra, avvocato del Wwf Italia, nell’arringa finale delle parti civili nel processo di Bussi. Navarra ha fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 439 del codice penale (avvelenamento delle acque), richiamando i principi costituzionali previsti nell’art. 2 (sui diritti inviolabili dell’uomo sia come persona sia nelle formazioni sociali in cui si esplica la propria personalita’) e nell’art. 32 (diritto alla salute) della Costituzione Italiana e sottolineando il contributo decisivo dato dal Wwf all’accertamento dei fatti attraverso la propria continua attivita’ di denuncia e di analisi delle acque ben prima dell’intervento delle pubbliche autorita’. Commentano Luciano di Tizio, delegato regionale Abruzzo del Wwf, e Dante Caserta, consigliere nazionale del Wwf Italia: “e’ stata proprio la nostra associazione, nel 2007, a rendere per prima di dominio pubblico la notizia della presenza di contaminanti nell’acqua potabile e le nostre denunce hanno avuto un peso determinante nella vicenda. Ci sembra opportuno ricordare che il Wwf organizzo’ e pago’ le analisi che confermarono, dopo le prime inascoltate segnalazioni del prof. Fausto Croce, una situazione disastrosa gia’ ben nota da alcuni anni a chi avrebbe dovuto vigilare, ma che veniva assurdamente tenuta nascosta ai cittadini, condannati a bere acque contaminate senza neppure saperlo. Per quelle pubbliche segnalazioni venimmo accusati di procurato allarme, anche con un esposto alla magistratura firmato da chi oggi e’ sotto inchiesta in un altro processo satellite. Il processo di Bussi, al di la’ di quelle che saranno le decisioni dei giudici, ha quantomeno ristabilito la verita’ dei fatti e questo, dopo anni di attesa, e’ gia’ un importante passo in avanti anche se non ci stancheremo mai di ripetere che la vera e completa giustizia ci sara’ solo con una bonifica che restituisca, a spese di chi ha inquinato, un territorio sano agli abruzzesi”. L’avvocato Tommaso Navarra in conclusione del suo intervento, alzando un bicchiere d’acqua e ricordando le battaglie giudiziarie gia’ vinte a tutela delle acque del Gran Sasso d’Italia, ha chiesto solo che per gli abruzzesi “possa tornare ad essere privo di qualsivoglia preoccupazione un gesto naturale e vitale quale quello del bere l’acqua del proprio territorio”. Dalla prossima e per almeno sei udienze consecutive la parola passera’ agli avvocati della difesa. La sentenza e’ attesa entro la fine dell’anno

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