video » Discarica di Bussi: spunta anche la diossina

BussiDiscarica“Un disastro ambientale di enorme entità, terreni e falde contaminate da decine di sostanze con valori migliaia di volte oltre i limiti di legge; come se non bastasse, accertata anche la presenza della
diossina”, così il WWF che diffonde i dati dei monitoraggi sulla contaminazione del sito di Bussi in Provincia di Pescara. L’associazione, dopo un laborioso lavoro di accesso agli atti presso vari enti, è in grado di diffondere i dati più recenti relativi ad una parte consistente del Sito Nazionale per le Bonifiche di Bussi, una delle 37 aree più inquinate d’Italia secondo il Ministero dell’Ambiente, perimetrato con Decreto nel 2008 a seguito dei sequestri operati dal Corpo Forestale dello Stato nell’area nel 2007. I monitoraggi ambientali sono quelli realizzati dalla società Environ per conto dell’attuale proprietaria del sito industriale, la Solvay SPA. Il WWF ricorda che sulla base del Testo Unico dell’Ambiente, il D.lgs.152/2006, anche il proprietario non responsabile della contaminazione di un sito è obbligato a realizzare un Piano di Caratterizzazione e a mettere in atto la cosiddetta Messa in Sicurezza d’Emergenza affinché i contaminanti non fuoriescano dal sito, con un adeguato piano di monitoraggio. Il WWF sottolinea che la società Solvay è stata riconosciuta quale parte civile nel procedimento penale in corso, che lo scorso 18 aprile ha visto il rinvio a giudizio in Corte di Assise, per reati come avvelenamento delle acque e disastro ambientale, di 19 persone riconducibili, ricorda l’associazione ambientalista, alla precedente proprietaria del sito, la Montedison. L’ISPRA, per conto dell’Avvocatura dello Stato, ha stimato un danno ambientale di 8,5 miliardi di euro e una contaminazione di circa 2 milioni di mc di terreni, oltre a quella relativa all’acqua di falda.
La Solvay ha realizzato due sistemi di messa in sicurezza d’emergenza, uno per la falda superficiale e uno per la falda profonda nonché alcuni interventi relativi a piccolissime aree di rimozione di hot-spot di contaminazione di terreni. Si tratta del sistema “pump and treat” in cui si crea una cosiddetta barriera idraulica al limite dello stabilimento. L’acqua viene pompata in superficie da alcuni pozzi allineati e trattata con filtri a carbone attivo per estrarre i contaminanti.
I dati dei monitoraggi realizzati dal privato, validati dall’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente (ARTA; l’agenzia è presente ai campionamenti e realizza “contro-analisi” sul 10% dei campioni) costituiscono il riferimento per tutte le azioni di bonifica del sito e, sono, quindi, pubblici. Infatti sono stati discussi nel corso dell’ultima conferenza dei servizi svoltasi presso il Ministero dell’Ambiente lo scorso 6 dicembre 2012. I dati presentati oggi si riferiscono esclusivamente all’attuale area di proprietà Solvay e ad alcuni pozzi/piezometri posti a valle dell’area industriale nella Valle del Pescara alla confluenza tra il fiume Tirino e il Pescara. Altri dati, relativi alla situazione di contaminazione generale dei terreni e delle varie aree contermini al sito industriale sono stati già presentati dall’associazione durante una conferenza stampa svoltasi nel 2010.


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