Ambientalisti, dall’horror tour allo sciopero della denuncia

puzza-mascherina-inquinamento-evLa sentenza di Bussi è l’ulteriore conferma dell’impotenza dello Stato a dare giustizia ai cittadini, nonostante i migliaia di siti contaminati da rifiuti industriali e altrettante denunce inascoltate che generano un senso di impotenza. E’ il concetto per dimostrare il quale una quindicina di attivisti del Forum Acqua e di Zona 22 hanno dato vita ad un flash mob nella zona industriale Selvaiezzi di Chieti. In un tragitto segnato da uno studio dell’università D’Annunzio tra impianti e concerie dismesse, l’horror-tour ha avuto il suo apice nella zona industriale di Selvaiezzi, dove gli ambientalisti, debitamente protetti da guanti, tute e mascherine, hanno prelevato campioni di sostanze sconosciute ma decisamente poco rassicuranti da un piccolo terrapieno incustodito e facilmente accessibile a due passi dalla strada. I campioni, riposti nei sacchetti, sono stati più tardi consegnati in Prefettura a Chieti, per “cercare di capire” – hanno detto gli ambientalisti- “come possono tutelarci gli organi dello Stato”.

E sulla sentenza per la discarica Tremonti hanno aggiunto: “La sentenza sul processo di Bussi è una vergogna. Agli atti processuali vi sono durissime relazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, massimo organo dello Stato in materia, sulla pericolosità dell’acqua dei pozzi, una montagna di documenti con addirittura i referti delle analisi segnati come “vero” e “falso” (consutabili su http://speciali.espresso.repubblica.it/pdf/Bussi_documenti.pdf). Soprattutto, a Bussi ci sono milioni di metri cubi di materiali contaminati da decine di sostanze tossiche e cancerogene. Se in una situazione del genere lo Stato non riesce a dare giustizia ai cittadini, cosa potrà accadere per le migliaia di siti interessati da inquinamento industriale? Che senso ha per il cittadino denunciare alle cosiddette autorità?”. Perb questo il Forum dell’Acqua e Zona22 hanno lanciato lo sciopero della denuncia. Il Tour di questa mattina ha interessato il Sito regionale di Bonifica di Chieti scalo, un’area di centinaia di ettari costellata di scarichi abusivi di rifiuti e siti industriali abbandonati colmi di sostanze tossiche. E’ il caso della conceria CAP, dove – affermano gli ambientalistii – sono state individuate già nel 2008 sostanze chimiche pericolose in alta concentrazione. “Si può leggere nell’Ordinanza del Comune di Chieti del 2008 del sito industriale ex conceria C.A.P., ubicato in Chieti Scalo alla via Penne n. 68, nonché del sito contermine di proprietà del Consorzio Industriale Chieti – Pescara, fu accertata, tra l’altro, una contaminazione delle acque sotterranee da composti pericolosi quali solventi clorurati, idrocarburi pesanti (C>12) e cromo III. In tale occasione l’AUSL e dall’ARTA di Chieti individuarono quale area a rischio di propagazione della contaminazione la zona corrispondente ad un raggio di circa 1000 m dal sito ex conceria CAP. Il sito, nonostante la sua acclarata pericolosità, appare del tutto abbandonato e privo di interventi di messa in sicurezza. In un’altra area del Sito, a via Papa XIII, è stato avvistato, proprio a fianco della strada e confinante con il Fiume Pescara un enorme accumulo di migliaia di mc di quelle che appaiono scorie di lavorazione dei metalli. Si tratta di una delle 39 aree aventi “Elevate anomalie della vegetazione e/o nella composizione del terreno” individuate da una relazione dell’Università di Chieti. Il sito appare privo di visibili sistemi di messa in sicurezza (copertura ecc.) ed è, addirittura, accessibile a tutti (quindi anche a bambini); per questo gli attivisti hanno ritenuto opportuno raccogliere dei significativi campioni del materiale. A chi denunciare la situazione, vista l’ormai conclamata impunità sui reati ambientali? Gli attivisti hanno pensato di consegnarli direttamente alla rappresentanza del Governo, il Prefetto di Chieti, assieme alle immagini della conceria CAP. Magari loro sanno cosa fare in casi del genere”. Il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua e Zona22 si rivolgono ai cittadini affinché l’indignazione per l’ingiustizia subita si trasformi in azione per ottenere l’azzeramento di ogni forma di prescrizione per i reati ambientali. “Basti pensare – aggiungono – che le ricerche stanno dimostrando che i bambini nati in aree inquinate hanno danni genetici che si trasmettono nelle generazioni”. Chiedono anche l’introduzione dei reati ambientali nell’ordinamento, senza alcuna forma di beneficio per gli inquinatori; un grande piano per la Bonifica delle aree inquinate del paese, da realizzare con l’informazione e la partecipazione capillare dei cittadini affinché a guadagnarci non siano i gattopardi che hanno inquinato e che ora si riciclano per lucrare sulle operazioni di riqualificazione. Contro la sentenza su Bussi, gli ambientalisti si aspettano il ricorso al secondo grado di giudizio ed eventualmente anche alla Cassazione. “Le sentenze di questi mesi, da Eternit a Thyssenkrupp, da Marlane a Bussi, assieme alla serie di Decreti e norme sulle bonifiche varate dai governi Monti, Letta e Renzi negli ultimi tre anni, vanno tutte nella stessa direzione strategica: annullare qualsiasi diritto del cittadino derivante dalla Costituzione nata con la resistenza e destrutturare e depotenziare quel sistema di garanzia a cui contribuiscono pezzi dello Stato, come i P.M. del processo Bussi, l’Istituto Superiore di Sanità e gli stessi inquirenti, che stavano cercando, tra mille difficoltà, di attuare i principi costituzionali. D’altro lato non è un caso se una grande banca d’affari come JP Morgan ha teorizzato l’attacco alle Costituzioni europee che sarebbero troppo ancorate alla tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. A questa strategia dobbiamo opporci per la nostra dignità, per ottenere giustizia e per lasciare un pianeta vivibile”.

L'autore

Carmine Perantuono
Laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1997. Ricopre il ruolo di Direttore Responsabile di Rete8.

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