E’ ancora piena emergenza a Chieti e Bucchianico, precisamente in zona Colle Marcone, a 36 ore dall’incendio che ha divorato, sabato notte, una mega discarica abusiva andata letteralmente in fumo. Sequestrata la prima volta nel 2009, poi recentemente tornata agli onori della cronaca, della maxi discarica più volte segnalata dai cittadini residenti e denunciata dalle associazioni ambientaliste oggi non resta che un cumulo di fumo e macerie. Saranno i dati dell’Arta, i cui tecnici sono rimasti al lavoro per l’intera giornata di ieri campionando aria, falde acquifere e terra, a dire se da quei rifiuti illegali, pericolosi e sequestrati si sia sprigionata diossina o persino di peggio. Dati, ci confermano dagli uffici pescaresi dell’Arta, che potranno esser completi e quindi ufficializzati solo tra qualche giorno: in 5 tra tecnici e dirigenti hanno trascorso l’intera domenica in quella che fino a pochi minuti prima della mezzanotte di sabato era una mega discarica di illeciti smaltiti per anni. In tarda mattinata, intanto, il sindaco di Chieti Umberto Di Primio ha convocato un vertice tecnico-amministrativo: con lui i colleghi sindaci di Bucchianico e Casalincontrada, il prefetto, i tecnici Arta, i funzionari della Asl. Bisogna fornire risposte e rassicurazioni ai cittadini di tre comuni allarmati da una colonna di fumo ancora oggi visibile e minacciosa: qualcuno ha chiesto ospitalità ad amici e parenti lasciando le case a ridosso dell’incendio, tutti gridano giustizia. Un’area sequestrata la prima volta nel 2009: una discarica trasformatasi da autorizzata ad abusiva, una vicenda anche giudiziaria che nel 2013 aveva già messo nero su bianco “chi avesse illegalmente stoccato cosa”, mezza collina al confine tra due comuni interdetta e sottoposta a sequestro che eppure conteneva ancora rifiuti e faldoni, scorie e documenti. Attesa la relazione dei vigili del fuoco, impegnati per oltre 36 ore nella difficoltosa opera di spegnimento dei focolai: sarà la loro perizia a dire molte verità a partire dalla matrice delle fiamme, ma il fatto che sia stato necessario intervenire con mezzi e uomini in tre, quattro diversi e distanti focolai racconta già tanto di una notte di paura e di una domenica con le finestre serrate e le tapparelle abbassate. Tutti o quasi sono pronti a scommettere che dietro quel rogo c’è una mano, o forse più di una, il cui unico scopo era quello di cancellare il più possibile prove di reato e materiale accumulato per anni a due passi da case e terreni coltivati.
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