Il trionfo della… superficialità: questo è stato l’appalto per il dragaggio del 2011 al Porto di Pescara, a giudizio del principale attore della procedura: il Provveditore interregionale alle opere pubbliche Donato Carlea. Era insomma il vertice massimo del Ministero a sospettare che vi fosse qualcosa che non filava in quella procedura, poi finita all’attenzione della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila che prima sequestrò la draga al primo giorno dei lavori, e nei giorni scorsi ha ottenuto due provvedimenti cautelari per Bellafronte Taraborrelli e Giuseppe Biscontin, nell’ambito dell’inchiesta in cui sono indagati tra gli altri il Presidente della Provincia di Pescara Guerino Testa e gli imprenditori Luca e Galileo Nicolaj. Mentre nel capoluogo anche oggi sono proseguiti gli interrogatori dei 31 indagati, dall’esame delle carte dell’inchiesta si delinea, tra gli altri, proprio il ruolo del provveditore Carlea: è lui il supertestimone dei fatti. Non indagato, ma anzi depositario di elementi e dichiarazioni ritenuti di “particolare rilievo” dal Gip Marco Billi. In particolare emergono, dal suo racconto ai magistrati, le forti riserve nei confronti dell’operato del suo funzionario Luigi Minenza (accusato di aver intascato una tangente dai Nicolaj): “Rammento –dice Carlea agli investigatori- che non fui affatto soddisfatto di come la direzione Opere Marittime aveva gestito questo appalto, perché in generale credo che vi sia stata molta superficialità. Inoltre ricordo che era frequente, da parte dei miei, la condivisione delle problematiche avanzate dalla ditta Nicolaj e la mancanza di contrapposizione da parte quindi dei nostri preposti della stazione appaltante, rispetto alle pretese della ditta. Evidenzio che da circa sei mesi ho rimosso sia il dirigente Riva che Minenza dalla Direzione Opere Marittime“.

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