L’Aquila: quanti errori, tra mille perchè.

Aq spalAq spalREDAZIONE – Quella che sta passando agli archivi verrà ricordata come la stagione dei tanti rimpianti e dei tantissimi perché, alcuni con una risposta chiara altri con interrogativi che resteranno sempre tali. E sarà ricordata come la stagione del totale distacco di una piazza ferita ma immatura al punto tale da lasciare negli ultimi due mesi la squadra con soli 500 spettatori. Imbarazzante. Dal recupero con il Pontedera ad oggi l’ambiente aquilano non ci ha mai creduto, scegliendo di alzare bandiera bianca per sentito dire. I numeri con la Reggiana, con la Spal, con il Tuttocuoio o con il Forlì sono da torneo parrocchiale eppure sarebbero bastati 6 punti in più su 14 disponibili per essere al terzo posto. Magari con uno stadio caldo per sbaglio conjtro la Reggiana o contro la Spal un pallone sarebbe entrato in porta come ieri è entrato quello dell’Ascoli al 93° spinto da un pubblico strepitoso. Non ci ha creduto la squadra: un atteggiamento troppo rinunciatario e troppo lezioso quello dei giocatori che sono comunque professionisti strapagati per l’economia della vita d’oggi; non ci ha creduto la città che con il suo negativismo e la sua assenza ha tolto a se stessa anzitutto il piacere di andare a tifare per la squadra del cuore che, ed è dato di fatto oggettivo, è al suo massimo storico tra i professionisti. Ma andiamo ad analizzare i perché di questo campionato così strano. E non si può non partire dal mese di agosto. La società non ha mai avuto fiducia, nonostante la conferma, in Giovanni Pagliari. Delegittimandolo ( già ad agosto) è stato anche privato della sua caratteristica migliore: l’autorità nei confronti del gruppo. Ed infatti il primo mese e mezzo è stato completamente differente rispetto alla gestione del campionato precedente che aveva al contrario fatto innamorare la città come testimoniano gli applausi dei 5000 dopo la sconfitta nei play off contro il Pisa. Eppure la società era la stessa, Di Nicola era lo stesso. Arrivato Zavettieri le cose sono andate meglio: da un lato bravo il mister a portare idee nuove, dall’altro è venuto fuori il lavoro del vecchio allenatore soprattutto con la linea difensiva: Quella linea difensiva che oggi è imbarazzante soprattutto nel subire il contropiede avversario ( vedi Pistoia e Forlì). Da fine novembre, con la squadra lanciata verso la vetta, ecco le voci societarie: Deodati si, Deodati no. Stpendi si, stipendi no. Effetto destabilizzante impressionante sfociato con la strana ( e non parliamo di scommesse) partita con la Pro Piacenza. Arriva il mercato: altro grave errore che peserà sull’economia della stagione. Perché quella strategia che forse era più adatta per una squadra che stava retrocedendo? Perché toccare il cuore, l’ossatura di una formazione che era lanciata verso la vetta? Perché la gestione sbagliata del caso Pacilli? Tanti perché che meritano una risposta dai diretti interessati. Società per la prima questione, area tecnica e allenatore per la seconda. E la conseguenza di quel mercato è stata una mazzata devastante: mancata gestione del gruppo e un’identità tecnica mai creata con formazioni e uomini cambiati ogni settimana. E infine la nuova querelle. Vecchio si , Vecchio no. Anche qui una risposta aiuterebbe molto a capire. In sintesi ecco i punti chiave:
1 gestione di Giovanni Pagliari
2 voci su difficoltà societarie che hanno portato alla partita con la Pro Piacenza
3 la gestione del calciomercato
4 la spaccatura dl gruppo e l’incapacità del tecnico di gestire e di dare un’identità
5 la fiducia incondizionata data a Zavettieri
6 la lontananza e il distacco della piazza
Soluzioni
1 Riorganizzare e professionalizzare la società, pianificare un budget in linea con le reali possibilità dei soci ( che vanno sempre ringraziati) in modo da non creare mai voci destabilizzanti in prossimità delle scadenze. Fare chiarezza sui ruoli e dimostrare interesse verso il progetto.
2 scegliere un allenatore e condividerne anche le virgole
3 programmare un eventuale ritiro in caso di neve e metterlo nel budget
4 Affidare al responsabile dell’area tecnica un budget chiaro e consolidato e chiedere una rosa di 22 persone che sappiano sposare il progetto.
5 La piazza dimostri di essere un capoluogo regionale. Basta 500 spettatori. Si dia una mano concreta. Le delusioni? In fondo anche se un figlio prende sempre 3 a Latino e Matematica resta sempre un figlio, non si caccia di casa.

Be the first to comment on "L’Aquila: quanti errori, tra mille perchè."

Leave a comment

Your email address will not be published.


*