L’ombra della mafia sulle reti metano in Abruzzo

de cesare ance

MetanodottojpgLe mani dei boss della mafia sugli appalti per la metanizzazione in Sicilia ed anche in Abruzzo. Un ingente patrimonio costituito da società, attività commerciali, immobili di pregio e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 48 milioni di euro, è stato sequestrato dalla Guardia di Finanza di Palermo in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione “Misure di prevenzione” del tribunale di Palermo su proposta della locale Procura. Il sequestro è il risultato di un’indagine del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza che ha fatto emergere le infiltrazioni di ‘Cosa Nostra’ e dei suoi leader storici, fra cui Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Matteo Messina Denaro, negli affari di società appartenenti ad un gruppo imprenditoriale che ha curato, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, la metanizzazione di diverse aree del territorio siciliano. Le indagini si sono concentrate in primo luogo sulla genesi del gruppo, costituito negli anni ’80 da un dipendente pubblico, grazie all’investimento di ingenti risorse finanziarie di dubbia provenienza, sviluppatosi grazie alla protezione della mafia e ad appoggi politici, in particolare dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, arrivando ad ottenere ben 72 concessioni per la metanizzazione di comuni della Sicilia e dell’Abruzzo. I lavori di realizzazione sono stati in più occasioni affidati in sub appalto ad imprese direttamente riconducibili a soggetti con precedenti per mafia e comunque vicini alla criminalità organizzata.    

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