Che i terremoti abbiano una storia antica, è cosa nota. Che lo studio dei fenomeni sismici e della loro prevenzione sia altrettanto antico, è informazione meno diffusa, eppure egualmente vera. Non c’è soltanto il solito Leonardo, arrivato addirittura a progettare il consolidamento degli edifici a rischio, anche altri hanno tentato: architetti settecenteschi, studiosi illuministi e amministratori illuminati hanno provato ad immaginare come si possa vivere dopo un terremoto, districandosi fra le tre opzioni possibili: conservando ciò che resta in piedi, ricostruendo nella modernità o abbandonando gli edifici lesionati. L’uomo comune, dal canto suo, può scegliere come convivere con il terremoto: può costruire case anti-simiche, può limitarsi a sperare di sopravvivere, può soccombere. Ancora oggi, la ricostruzione resta un processo difficile, costoso, conflittuale. Un processo che la popolazione spesso subisce senza condividere, poiché a comandare sono interessi terzi, che possono innescare un deficit di democrazia. L’argomento è stato al centro delle giornate di sismologia storica, in corso a Chieti, presso l’Università d’Annunzio. Una serie di incontri e conferenze, a cominciare dalla storia dei terremoti illustrata dalla professoressa Emanuela Guidoboni, presidente del Centro euro-mediterraneo di documentazione di eventi estremi e disastri.

{avsplayer videoid=3719}