Pescara, nuova udienza processo ATO

Hashish

Tribunale Pescara copiaDavanti al Tribunale collegiale di Pescara si è svolta una nuova udienza del processo riguardante il cosiddetto “partito dell’acqua”, creato nell’ambito dell’ATO numero 4 pescarese, che vede imputati, tra gli altri, anche l’ex presidente Giorgio D’Ambrosio, l’ex sindaco di Montesilvano Pasquale Cordoma, l’ex sindaco di Francavilla Roberto Angelucci (entrambi ex componenti del CdA) e il professore Luigi Panzone. In aula sono stati ascoltati alcuni testimoni dell’accusa e della difesa. I fatti si riferiscono al periodo tra il 2003 e il 2007. Nel mirino del PM è finito il presunto utilizzo improprio delle risorse economiche e strutturali dell’ATO per fini personali. Secondo l’accusa, l’ex presidente avrebbe utilizzato la macchina dell’ente per assolvere ai proprio impegni politici a Roma, dove si recava in qualità di parlamentare, con spese a totale carico dell’ATO per quello che riguarda benzina, Telepass e numerose multe per infrazioni al Codice della Strada. Sotto la lente d’ingrandimento anche cene e pranzi che venivano fatti passare come spese di rappresentanza e che, sempre secondo l’accusa, non erano tali. Sono stati nuovamente ascoltati alcuni testimoni dell’accusa in quanto è cambiato un componente del collegio dei giudici. I testi, come ad esempio il professore Giampiero Di Plinio, hanno ribadito quanto dichiarato in precedenza. Nello specifico, il consulente Di Plinio ha sostanzialmente ribadito che le assunzioni all’ATO non avvenivano attraverso un concorso pubblico ma tramite chiamata diretta e che questo avrebbe comportato maggiori spese per l’ente e quindi per i cittadini. Sul banco dei testimoni anche alcuni dipendenti dell’ATO citati dalla difesa, i quali, relativamente ai viaggi a Roma e alle spese di rappresentanza di D’Ambrosio, alle cene e alle multe, hanno sostenuto che per loro dal punto di vista formale era tutto regolare perché c’erano i documenti giustificativi. Tra i testimoni della difesa anche un funzionario del settore idrico della Regione che ha detto di avere avuto rapporti di natura istituzionale con D’Ambrosio. Gli imputati devono rispondere, a vario titolo, di peculato, corruzione, abuso d’ufficio, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, distruzione di documenti, truffa ai danni dello Stato e in violazione dell’articolo 97 della Costituzione.

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