Nell’attesa del processo d’appello a L’Aquila che si terrà entro la primavera, i PM di Pescara che hanno indagato sullo scandalo “Sanitopoli” trovano una ulteriore convalida dell’impianto accusatorio in una sentenza appena emessa dalla Cassazione.
La Suprema Corte ha infatti annullato l’assoluzione di Carlo Anello, uno degli imputati che scelsero il rito abbreviato. Condannato in primo grado, venne assolto in appello. Ma ora, nel terzo e definitivo grado di giudizio, è stata ribadita non soltanto la sostanza delle accuse nei suoi confronti, ma anche la solidità dell’impianto probatorio raccolto a suo carico. Va specificato che la conferma definitiva delle accuse di associazione a delinquere, truffa e abuso (e non corruzione), avrà solo effetti civili a vantaggio della Regione e delle ASL costituitesi in giudizio (la Procura Generale non aveva fatto ricorso), ma la Cassazione ha offerto un assist rilevante al Pool della Procura di Pescara, convalidandone l’impianto investigativo alla vigilia dell’appello per il processo-madre di Sanitopoli.
L’avvocato romano, durante la prima cartolarizzazione “operava contemporaneamente su due tavoli”–hanno scritto i giudici della Suprema Corte- essendo da un lato incaricato dalla Regione di redigere un parere che “aveva un’indubbia incidenza nella regolamentazione dei rapporti con le Case di Cura private” e dall’altro “svolgendo attività asseritamente professionale anche nell’interesse di Angelini” dal quale ricevette un compenso spropositato: 250mila euro. Esattamente i fatti dimostrati dalla Procura, e valutati come reati dal GUP Zaccagnini nella sentenza con il rito abbreviato che condannò in primo grado l’avvocato Anello.
Sii il primo a commentare su "Sanitopoli – Una sentenza della Cassazione rafforza l’accusa"