Nuovi impianti sul Gran Sasso, ok della Cgil. Prendono posizione i segretari provinciali: Domenico Fontana, Filt-Cgil, e Umberto Trasatti, Cgil L’Aquila, sono per il sì agli impianti perché “lasciare tutto com’è vuol dire abbandonare il Gran Sasso”. I due sindacalisti si inseriscono nel dibattito sul futuro della montagna aquilana e del Centro Turistico del Gran Sasso. “La nostra montagna, mai adeguatamente valorizzata – scrivono i sindacalisti in una nota congiunta – dovrebbe essere e potrebbe essere il principale volano della valorizzazione turistica del territorio. Del resto a tali conclusioni giungeva lo studio Coordinato dall’Ocse, che ci ha visto tra i soggetti promotori. Uno studio – ricordano – che invita ad un miglioramento della dotazione infrastrutturale per contribuire ad accrescere l’uso delle risorse naturali. E’ evidente – osserva la Cgil – che il turismo montano moderno non si esaurisca con il solo sfruttamento delle potenzialità sciistiche, ma potenzialmente potrebbe avere una durata annuale. Certo questa non è oggi la condizione della montagna aquilana. Le ragioni sono molteplici e nessuno dei portatori di interesse può sentirsi escluso da una qualche responsabilità. Venendo però al dibattito odierno molto più modesto, cioe Fontari si o Fontari no, noi siamo per dire senza mezzi termini per il sì. Lo diciamo – spiegano Fontana e Trasatti – poiché la sostituzione dell’impianto è una evidente necessità tecnica, ed alle questioni tecniche non si possono dare risposte ideologiche. Diciamo ok a Fontari per mantenere un filo di speranza circa il futuro turistico del Gran Sasso, per cercare di poter almeno salvaguardare l’esistente e provare a immaginare un rilancio, che come ovvio deve passare per il rispetto delle specificità ambientali del luogo, che però non possono essere l’alibi per lasciare tutto com’è. Il tutto com’è non ci piace e certo non è né bello né rispettoso dell’ambiente. Il tutto com’è rappresenta il fallimento del Centro Turistico del Gran Sasso, del suo patrimonio immobiliare, la disperazione dei suoi dipendenti e di tutti gli operatori economici che della montagna vivono. Insomma il problema della nostra montagna non e’ certo l’antropizzazione dei luoghi piuttosto il loro abbandono”.
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