Il 2014 si chiude con un saldo negativo per il terziario abruzzese. Secondo una stima di Confesercenti, infatti, nel 2015 sono 641 le imprese commerciali e 404 le attività turistiche fra alberghi e ristoranti che non rialzeranno la saracinesca. Un bilancio negativo solo parzialmente attenuato dalla crescita del commercio su aree pubbliche, che invece chiude l’anno con un saldo positivo di 103 unità. L’epicentro della crisi del commercio, secondo la stima Confesercenti, si è spostato nella provincia di Teramo, dove il saldo fra aperture e chiusure segnerà -204 unità, a fronte delle -172 della provincia dell’Aquila, delle -160 della provincia di Chieti ed infine delle -106 del Pescarese, la provincia che negli anni passati ha pagato il prezzo più alto e dove ora invece la situazione sembra stabilizzarsi. Il cuore del problema è nei negozi al dettaglio non alimentari, prevalentemente abbigliamento e calzature, che chiudono il 2014 con un bilancio negativo per 584 attività, mentre tiene l’alimentare con un saldo di -56 esercizi. Sul fronte del commercio su aree pubbliche l’anno si chiude con un boom delle nuove aperture in provincia di Pescara, che segna un +161 attività a fronte di bilanci negativi in tutte le altre province: -19 all’Aquila, -29 a Teramo, -10 a Chieti.
Anche il turismo, secondo le stime Confesercenti, ha mostrato i maggiori segni di cedimento nella provincia di Teramo: -142 è il saldo fra aperture e chiusure, -131 a Chieti, -77 all’Aquila, -74 a Pescara. Cifre che indicano anche l’evaporazione di circa 1.750 posti di lavoro fra addetti e titolari.
«Bisogna partire da queste cifre nell’elaborazione delle strategie economiche del nuovo anno, perché non c’è ripresa senza la forza del tessuto delle piccole imprese. Queste stime infatti indicano che l’Abruzzo sta reagendo in maniera molto eterogenea alla crisi – spiega Daniele Erasmi, presidente regionale di Confesercenti – e che i territori che soffrono maggiormente sono quelli dove il tessuto produttivo di piccole imprese di produzione è stato smantellato. La provincia di Teramo ne è l’esempio più eclatante: ecco perché c’è bisogno di interventi radicali a sostegno della domanda interna e di una ripresa occupazionale non più rimandabile. I commercianti resistono perché non c’è commercio senza ottimismo, e intravedono l’uscita dalla crisi».
Lo conferma Enzo Giammarino, direttore regionale dell’associazione. «Si chiude un altro anno drammatico – sottolinea – ma le stime del nostro osservatoro indicano che siamo ad un punto di svolta. Occorre tuttavia portare tutto l’Abruzzo fuori dalla crisi, e questo sarà possibile solo quando anche le istituzioni locali, nessuna esclusa, decideranno una severa riduzione della pressione fiscale senza la quale nessuna speranza potrà essere coltivata. Con il nostro meeting tenuto il 17 dicembre abbiamo lanciato proposte concrete ed operative: ci batteremo affinché le istituzioni abruzzesi, a cominciare dalla Regione, le sappiano cogliere».
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