Una sola pugnalata letale, quella alla gola che ha spezzato la giugulare, provocando il decesso in un bagno di sangue. Un delitto efferato quello della cena del sabato ad Alba Adriatica. Quattro persone a tavola, forse qualche bicchiere di troppo. In due vanno via anzitempo, lasciando a stretto contatto quello che diventerà l’assassino, con la sua vittima. Il primo, Andrea Marsili, 43 anni, pregiudicato del posto per furti e droga, il secondo Gabriele Di Clemente, 72 anni, pacifico giardiniere in pensione. Una persona tranquilla e disponibile, che nel primo sabato di primavera aveva invitato a cena a casa sua due vicini e Marsili, per cercare compagnia. L’assassino, che si è presentato all’invito con un coltello svizzero con 8 centimetri di lama da quella serata cercava forse qualcos’altro: denaro, forse un piccola somma. Quelli che il codice penale chiama futili motivi: un’aggravante del delitto, commesso con rabbia, al termine di una colluttazione con l’anziano, che ha opposto resistenza come dimostrano le tumefazioni. Resta il movente dunque l’unico punto da chiarire nelle indagini dei carabinieri di Alba, coordinate dal PM di Teramo Auriemma. Per il resto tutto è fin troppo chiaro: l’arma del delitto con le impronte a due passi dal cadavere: le testimonianze dei due commensali che hanno lasciato soli i due uomini, gli indumenti macchiati di sangue trovati a casa di Marsili. Delitto risolto nelle prime 24 ore, ma resta lo sgomento per la violenza. E Alba Adriatica si interroga se sia una maledizione, una semplice coincidenza o qualcos’altro la spirale di sangue in cui è caduta: quattro omicidi negli ultimi quattro anni, a partire dal delitto Fadani. Nessun collegamento tra di loro: tutti i casi risolti in pochi giorni. Ma l’angoscia per una comunità che rimane: per troppa droga, troppe armi, troppa violenza.

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