video » Processo D’Alfonso, l’arringa di Milia: “Va assolto”

dalfonsointribunaleUltimo atto della discussione al processo Housework, che vede tra i 26 imputati l’ex sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso, il suo braccio destro Guido Dezio, gli imprenditori Carlo e Alfonso Toto e Massimo De Cesaris, accusati a vario titolo per vicende di tangenti legate agli appalti sulle aree di risulta e la gestione dei cimiteri a Pescara.  L’ultimo a prendere la parola stamani per l’arringa è l’avvocato Giuliano Milia, che ha l’obiettivo di smontare il castello accusatorio nei confronti del suo assistito Luciano D’Alfonso. Ed é durato circa tre ore l’intervento di Milia tutto incentrato su quelle, che a suo dire, costituiscono le lacune dell’accusa fondata per lo più sull’opinione che il Pm si é fatto di D’Alfonso, piuttosto che su fatti specifici – Siamo noi che abbiamo dovuto fornire le prove d’innocenza e non il Pm quelle di colpevolezza – ha dichiarato Milia che sull’ipotesi di reato più grave, l’associazione a delinquere finalizzata alla concussione e alla corruzione ha parlato di tesi insussistente proprio perchè basata sulla mancanza di fatti specifici – D’Alfonso e la sua squadra d’azione come li ha definiti Varone – ha detto Milia – non sono altro che un sindaco di una città legittimamente eletto ed i suoi più stretti collaboratori. Sarebbe poi interessante verificare – ha proseguito l’avvocato – su quali basi si fonda l’ipotesi di arricchimento ingiustificato rispetto ad un lungo elenco di beni che l’accusa ha fatto a fronte di una cifra identificata di appena 29 mila euro tra l’altro mai rintracciata materialmente. Accuse spropositate e mistificazioni anche su altre vicende: il famoso fax di D’Alfonso spedito a Brandolini con la scritta “pensate a lavorare non pensate ai soldi”. Brandolini rivendicava, é vero, pagamenti arretrati, ma all’orizzonte c’era un’importante inaugurazione e dovevano uscire i manifesti e c’era una certa urgenza e poi sul fax la scritta recita diversamente: “Pensate a lavorare e non pensate SOLO  ai soldi”, si tratta di un semplice rimprovero più che di un condizionamento illecito. Il capitolo Villa di Manoppello: un sequestro per fini mediatici – ha detto Milia – seguito da una lunga serie di consulenze della Procura che non sono riuscite a dimostrare con precisione quanto il costruttore Cardinale avesse favorito D’Alfonso e comunque sia in cambio di cosa? Di scarsi dieci lavori per il Comune fruttati nell’utile complessivo appena 41 mila euro, una cifra comunque inferiore rispetto a quanto speso da Cardinale per ristrutturare la villa di famiglia. In chiusura di udienza la replica del Pm Varone che si é limitata a sottolineare alcuni errori commessi dagli avvocati nelle rispettive arringhe, in particolare sui famosi 20 mila euro che i gestori del bar del tribunale avrebbero dato a Dezio secondo la difesa com pagamento dell’insoluto secondo l’accusa quell’insoluto era di appena 7750 euro, troppo poco per sostenere la tesi difensiva. Sulle aree di risulta, poi, Varone parla di interesse reale da parte dei Toto e non di semplice obbligo d’amicizia con l’ex sindaco, a dimostrarlo una e mail di Alfonso Toto. Tra sette giorni l’attesa sentenza.


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L'autore

Carmine Perantuono
Laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1997. Ricopre il ruolo di Direttore Responsabile di Rete8.

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