video » De Sanctis (Forum acqua): “Bussi come la terra dei fuochi”

societa luigi barbara

Bussi discaricaC’è una terra dei fuochi anche in Abruzzo, ma le sue fiamme – drammatiche diversità a parte – si presentano più smorzate rispetto a quelle che ardono in terra campana, visto che della bonifica della megadiscarica di Bussi se ne parla troppo poco. Eppure il livello di inquinamento è tale da poter essere paragonato alle peggiori situazioni ambientali. Per riportare l’attenzione sul problema, nel maggio del 2013, il Wwf diffuse i dati dei monitoraggi effettuati sul sito ex Montedison: terreni e falde contaminati da decine di sostanze e con valori migliaia di volte oltre i limiti di legge. L’analisi era stata realizzata dalla società Environ per conto dell’attuale proprietaria, la Solvay, costituitasi anche parte civile nel procedimento già in corso (i 19 rinviati a giudizio sono a processo in corte d’assise a Chieti), ma tenuta comunque a provvedere alla messa in sicurezza d’emergenza volta ad evitare fuoriuscite di veleni. Dunque la nuova inchiesta, scaturita dalla presa d’atto dei risultati del monitoraggio, indaga sulla mancata messa in sicurezza e si concentra sulla bonifica del sito: invocata, strombazzata, un po’ anche finanziata, ma mai completata, se si eccettua un cappottino costato un milione di euro – manco fosse di cashmire – messo a coprire le vergogne. “Certo, che la Solvay abbia avviato la messa in sicurezza è vero – commenta Augusto de Sanctis del Forum abruzzese movimenti per l’acqua – ma le misure intraprese, ancorché efficienti, non sono efficaci, visto che non riportano i valori al di sotto dei limiti consentiti dalla legge. Riguardo alla situazione di Bussi abbiamo più volte segnalato diverse fonti di contaminazione, individuate in più punti, anche lungo il Pescara. Una vera e propria bomba ecologica che merita la massima attenzione e soluzioni immediate. Relativamente alla nuova inchiesta, la procura di Pescara avrebbe già iscritto cinque persone nel registro degli indagati. “La situazione del sito inquinato di Bussi – conclude De Sanctis – è del tutto inaccettabile, un vero calvario. Sono passati sette anni dal sequestro della prima discarica, la Tremonti, e sei dal Decreto di perimetrazione da parte del Ministero dell’Ambiente del Sito Nazionale di Bonifiche di Bussi. Il sito comprende diverse discariche e l’intero sito industriale che fino al 2001 è stato di proprietà della Montedison e oggi è della Solvay, che si è dichiarata non responsabile dell’inquinamento ed è stata accolta tra le parti civili del processo che si sta tenendo in Corte d’Assise a Chieti contro diversi dirigenti della Montedison. Anche l’area industriale è, infatti, pesantemente inquinata, con diossina e altri contaminantinei suoli e decine di sostanze tossiche e cancerogene nelle falde, sia quella superficiale sia quella profonda fino a 100 metri di profondità, con valori fino a 1 milione di volte oltre i limiti di legge. A parte la bonifica, che prevede l’eliminazione della fonte di inquinamento, il proprietario, anche non responsabile, deve comunque per legge mettere in sicurezza l’area per evitare la fuoriuscita degli inquinanti verso valle con l’acqua. L’inchiesta della Procura avrebbe per tema proprio l’efficacia degli interventi di messa in sicurezza di emergenza nel trattenere nel sito i contaminanti. In attesa degli eventuali ulteriori sviluppi giudiziari in ogni caso è urgente avviare la bonifica e colmare i clamorosi ritardi accumulati, usando i 50 milioni di euro disponibili per intervenire in primis sulla discarica Tremonti e non certo sull’area industriale. Infatti in quell’area il denaro pubblico speso “in danno” potrà essere più facilmente recuperato dai privati proprietari, avviando un circolo virtuoso moltiplicando le risorse disponibili, visto che 50 milioni sarebbero utili solo per un primo lotto di lavori. Nessun favore deve essere fatto con denaro pubblico a privati perché comunque deve valere il principio che gli inquinatori devono pagare”.


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