<Volete voi che sia abrogata la legge 20 febbraio 1958 n. 75 intitolata: “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”, limitatamente alle seguenti parti: art. 1 – E’ vietato l’esercizio di case di prostituzione nel territorio dello Stato e nei territori sottoposti all’amministrazione di autorità italiane; art. 2 – Le case, i quartieri e altri luoghi dichiarati locali di meretricio dovranno essere chiusi>? <Sì, lo voglio>. Probabilmente il sindaco di Montesilvano Attilio Di Mattia risponderebbe così all’apposito quesito referendario, ammesso che il referendum si faccia. La richiesta c’è, ed è già ufficiale, come pubblicato sulla Gazzetta n. 168 del 19 luglio 2013 dalla Corte Suprema di Cassazione. Ora, che a nord e a sud, passando per Montesilvano, ci sia chi le case le vuole riaprire per dare al meretricio un tetto sulla testa, non è notizia fresca. Ma se la casa diventasse garage, il brevetto di originalità spetterebbe tutto al primo cittadino di Montesilvano, e magari i garage del sesso potrebbero diventare un marchio esportabile. Di Mattia ha annunciato che è in procinto di mettersi a studiare possibili scuciture nelle norme istituzionali, pur di istituire i box citati. E vista la proposta referendaria – che non chiede l’abrogazione del reato di sfruttamento, ma degli articoli che impediscono l’apertura dei luoghi di tolleranza – il suo studio potrebbe anche andare a buon fine. E’ il bello dell’Italia: abroga oggi ciò che hai approvato ieri, non approvare oggi ciò che avresti dovuto sancire da un secolo. Salutata nel 1958 come battaglia di civiltà, la legge della signora senatrice Lina Merlin non piace più. Lo sfruttamento che doveva combattere sembra rimasto letteralmente sulla strada, esattamente come le sex worker. Comunque, sfruttate o no, tutte praticano il mestiere più vecchio del mondo: evadere le tasse.

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