video » Primo Maggio, il cammino dei diritti

filanda1“Cos’è cos’è che fa andare la filanda, è chiara la faccenda son quelle come me”… Questa vecchia canzone, cantata da Milva, ricordò al grande pubblico il lavoro estenuante delle filandere. Fiino ai primi anni del ‘900 il lavoro in filanda si svolgeva in condizioni disumane: giovani donne e bambine si ammazzavano di fatica per trasformare i bozzoli in matasse di seta. Nelle vasche di acqua bollente le manine delle piccole operaie andavano alla ricerca dei fili iniziali, che venivano consegnati alle compagne per essere inseriti nelle filiere. Se i fili si rompevano erano guai: bisognava riannodare i capi in fretta, perché i controlli erano severissimi, si rischiavano multe e sospensioni che nessuna filandera, giovane o vecchia, poteva permettersi. Un lavoro duro, durissimo, fino a 15 ore al giorno; ma anche un mestiere così semplice che poteva farlo anche un bambino. Pure perdere il posto era semplice, uno sbaglio e via, fuori dalla filanda. Tanto il padrone non aveva che da scegliere, per ogni operaia cacciata ce n’erano cento in fila. Così si sopportava, chi più chi meno, perché da quel misero salario dipendeva la sopravvivenza della famiglia. L’ambiente era caldissimo, umido, malsano e maleodorante. Per aiutarsi le filandere cantavano tutte insieme, come le mondine, come i carcerati, mettendo in musica quello che non si poteva dire a parole. Ai primi del ‘900, nelle filande, fra le setaiole, iniziò la lunga battaglia sindacale per i diritti delle lavoratrici. Dopo anni di lotta e di scioperi, le filandaie ottennero finalmente le otto ore di lavoro giornaliere: era il 1° maggio 1919. Ecco, per celebrare la festa dei lavoratori ci piace partire da qui, dalle filandere, dalle mondine, dagli operai, dai minatori, dai manovali, da tutta quelle persone che un tempo il lavoro ce l’avevano, ma i diritti no. Poi l’equazione s’è fatta odiosa, sono cresciuti i diritti ed è diminuito il lavoro. Per questa ragione, a questo “Quarto Stato” di sfruttati oggi dovremmo aggiungere tutti coloro che il lavoro non ce l’hanno, un esercito moderno col computer in mano; un esercito che vorrebbe soltanto premere il tasto start.


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