Svolta nelle indagini per l’omicidio del 1 agosto sulla Strada parco di Pescara. Il quotidiano “il Centro” oggi in edicola rivela: ci sono tre indagati. Il movente legato agli affari. Identificata anche la pistola
L’articolo, a firma Maurizio Cirillo, spiega come le indagini della Procura di Pescara guidata da Giuseppe Bellelli abbiano preso una piega ben precisa, sia per quanto riguarda il movente che per l’individuazione dei sospetti.
Il terribile agguato a mano armata avvenne lo scorso primo agosto al bar del Parco, ed è costato la vita all’architetto Walter Albi, 66 anni, riducendo in fin di vita l’ex calciatore Luca Cavallito, 49 anni.
AGGIORNAMENTO ANSA: I NOMI DEI TRE INDAGATI – E’ la pistola rubata ad una guardia giurata nel corso della rapina dell’11 luglio scorso al Centro agroalimentare di Villanova di Cepagatti (Pescara), l’arma usata per l’agguato del primo agosto in un bar della ‘Strada Parco’ di Pescara, in cui era stato ucciso l’architetto Walter Albri, 66 anni, e in cui era rimasto gravemente ferito l’ex calciatore Luca Cavallito, 49 anni.
Per i fatti di agosto ci sono tre indagati, come riporta il quotidiano abruzzese ‘il Centro’. Si tratta di Fabio Iervese, 43 anni, Renato Mancini (49) e Mimmo Nobile. I primi due erano stati arrestati dai Carabinieri lo scorso 21 settembre per la rapina di Cepagatti, mentre il terzo è indagato per lo stesso episodio. Per il delitto della strada parco, le ipotesi di reato sono omicidio e tentato omicidio. Si lavora per ricostruire anche il movente: potrebbe trattarsi di un affare da 400mila euro con cui Albi e Cavallito avrebbero pestato i piedi a qualcuno.
Le indagini sull’omicidio avvenuto al ‘Bar del Parco’ – condotte dalla squadra Mobile e coordinate dal procuratore aggiunto Annarita Mantini e dal sostituto Andrea Di Giovanni, con la supervisione del procuratore capo, Giuseppe Bellelli – si sono infatti incrociate, apprende l’ANSA, con quelle relative alla rapina al Centro agroalimentare di Cepagatti. In quell’occasione, dopo aver ferito la guardia giurata, i malviventi erano fuggiti con un bottino di circa 30mila euro, non prima di aver rubato l’arma in dotazione all’operatore. In base agli elementi investigativi raccolti, sarebbe proprio quella l’arma usata per il delitto del primo agosto.