Presentato anche a Pescara da Legambiente la II Edizione del Dossier “Abbatti l’Abuso” sulle mancate demolizioni edilizie nei comuni italiani. Abruzzo sopra la media con il 39,4% ma il fenomeno grave e diffuso, le demolizioni sono ferme al palo.
Nelle regioni del Sud Italia, dove il fenomeno dell’abusivismo edilizio ha pesantemente compromesso il territorio, le demolizioni sono ferme al palo andando, così, ad aumentare il divario con un Nord Italia che, invece, fa più controlli, sanziona l’abuso e demolisce. È quanto emerge in sintesi dalla fotografia scattata dalla seconda edizione del dossier “Abbatti l’abuso” di Legambiente sulle mancate demolizioni edilizie nei comuni italiani, dalla quale emerge con chiarezza una Penisola spaccata in due. Eloquente il dato nazionale: sulla base delle risposte complete date dai 1.819 comuni (su 7.909) al questionario di Legambiente, nella Penisola dal 2004, anno dell’ultimo condono, al 2020 è stato abbattuto solo il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, un dato “trainato” dall’attività degli enti locali delle regioni del Centro Nord. L’Abruzzo sopra la media con il 39,4% ma il fenomeno grave e diffuso, le demolizioni sono ferme al palo.
Numeri nel complesso preoccupanti che per Legambiente dimostrano come in Italia l’abusivismo e il cemento illegale siano ancora una piaga da sanare. A ciò si aggiunge anche il “pasticcio” generato nelle scorse settimane dalla circolare interpretativa inviata dal Ministero dell’Intero a tutte le prefetture che va ad azzerare l’efficacia della norma, inserita nella L.120/2020, c.d. Dl Semplificazioni, che attribuisce ai prefetti il potere sostitutivo nelle demolizioni degli abusi edilizi, di fronte all’inerzia dei Comuni che emettono le ordinanze ma non le eseguono. Applicando le disposizioni della circolare ministeriale – denuncia Legambiente – si va a ristringere l’ambito d’azione dei prefetti ai soli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e, escludendo tutte le ordinanze su cui sia pendente un ricorso per via amministrativa, decine di migliaia di manufatti illegali sono destinati a rimanere esattamente dove sono, com’è successo finora. A confermare l’inequivocabile senso della norma sono le 935 ordinanze inevase trasmesse, da settembre 2020 a marzo 2021, dai Comuni alle prefetture.
“Procedere con gli abbattimenti – spiega Silvia Tauro, segreteria regionale Legambiente – è il migliore deterrente perché si scongiuri il sorgere di nuovi abusi edilizi. Il quadro che emerge dal nostro dossier conferma la necessità, non più procrastinabile, di avocare allo Stato il compito di riportare la legalità dove le amministrazioni locali non sono riuscite a farlo per decenni. Per questo, su proposta di Legambiente, lo scorso, anno è stata approvata una norma inserita nel Dl Semplificazioni che assegna alle prefetture la responsabilità di demolire stante l’inerzia prolungata dei Comuni; ma con la sconcertante circolare interpretativa della legge del Ministero dell’Interno ora ciò verrà meno andando a tradire il senso e l’obiettivo di quanto approvato in Parlamento. Per questo abbiamo elaborato un emendamento all’ultimo decreto “Semplificazioni” del governo Draghi con l’obiettivo di ricondurre a un’interpretazione autentica della disposizione, nel pieno rispetto della ratio legis, fugando ogni margine di dubbio circa la sua applicazione. Alla ministra Lamorgese e al Parlamento chiediamo di rivedere e correggere la nota interpretativa del ministero riaffermando il potere d’intervento dei Prefetti su tutte le ordinanze emesse dai Comuni. Per liberare il Paese dallo sfregio del cemento selvaggio e dall’abusivismo impunito serve un netto cambio di direzione che solo la classe politica può intraprendere, non sono ammessi più ritardi o passi falsi”.
Nel questionario Abbatti l’abuso, che Legambiente ha inviato ai 7.909 comuni d’Italia e a cui hanno risposto in maniera completa e corretta 1819 amministrazioni (un tasso di risposta del 23%), è stato chiesto di fornire il numero di ordinanze di demolizione emesse dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, al 2020 il numero di esecuzioni, il numero di immobili trascritti al patrimonio pubblico e quello delle pratiche trasmesse alle Prefetture come previsto dalla nuova legge (L.120/2020) in caso di inottemperanza entro 180 giorni. In fatto di trasparenza della pubblica amministrazione, si distingue la Provincia autonoma di Bolzano, dove il 55,2% dei Comuni ha fornito i dati richiesti. Seguita da Valle d’Aosta con il 40,5% dei Comuni, l’Emilia Romagna con il 36,6%, e il Friuli Venezia Giulia, con il 34,4%. Sopra il 25% l’Umbria, il Veneto, la Toscana, il Piemonte, la Lombardia e la Liguria. Sotto tutte le altre regioni. Maglia nera alla Calabria, dove rispondono solo 15 comuni su 404 (il 3,7%).
Per Legambiente siamo di fronte a una situazione che deve sancire un definitivo cambio di passo sul fronte delle demolizioni, avocando allo Stato il compito di ripristinare la legalità quando i Comuni, per tutte le ragioni che sono state alla base dell’intervento legislativo (a cominciare da quelle legate ai contraccolpi sul consenso elettorale), non hanno provveduto.
“Il disco verde arrivato dalla Commissione Europea al PNRR italiano – dichiara Giuseppe Di Marco, presidente regionale Legambiente – rappresenta senz’altro un importante notizia e un passo avanti per contribuire a far ripartire l’Italia, ma dobbiamo essere credibili superando le nostre criticità e ripristinando la legalità come negli abusi. Inoltre, per investire al meglio i miliardi di euro che arriveranno, è fondamentale che il Paese abbandoni vecchie logiche e punti su una grande opera diffusa di innovazione che permetterebbe di ridurre anche le emissioni in atmosfera di gas serra e inquinanti come la realizzazione di impianti di economia circolare a partire dal centro sud, l’elettrificazione della mobilità urbana, le infrastrutture ferroviarie urbane e pendolari e nuovi treni, necessari soprattutto al Centro-Sud Italia. La storia recente dell’Italia ci ricorda che i finanziamenti europei per realizzare le opere pubbliche necessarie da soli non bastano, servono anche le competenze nella pubblicazione amministrazione, il rafforzamento dei controlli pubblici e il dibattito pubblico per coinvolgere i territori, oltre a delle profonde e coraggiose riforme come quella sulla decarbonizzazione dell’economia. Una riforma cruciale su cui l’Europa ha dimostrato più volte di avere le idee chiare insieme agli obiettivi climatici da raggiungere. L’Italia, invece, fatica ancora a stare al passo”.