La Consulta Giovanile di Ortona in occasione di “Palermo chiama Italia” per l’anniversario della Strage di Capaci ha raccolto al teatro Tosti la testimonianza di Pietro Grasso.
Un fitto dialogo di due ore con i ragazzi della Consulta Giovanile di Ortona: così Pietro Grasso ex presidente del Senato ed ex procuratore nazionale Antimafia ha aperto al teatro Tosti la settimana che culmina domani con la manifestazione “Palermo chiama Italia”, nel 27° anniversario della strage di Capaci.
Fatti tragici ma anche tanti successi dello Stato, pagine di storia del Paese, si sono intrecciati -nel dialogo-a racconti intimi, personali dell’uomo prima che del magistrato.
L’incontro con Grasso, preceduto da quello in mattinata con Antonio Di Pietro, si è innestato in un denso calendario di eventi della Consulta Giovanile di Ortona in svolgimento presso lo spazio di ZOO ART dove è esposta una mostra sui temi della legalità e fino a domani, anniversario della strage di Capaci, si susseguiranno tantissime iniziative.
PIETRO GRASSO E LA LOTTA ALLA MAFIA
La vita e la carriera di Pietro Grasso, giovane magistrato da qualche anno tornato a Palermo mentre molti colleghi andavano via da quegli uffici giudiziari dopo l’omicidio del procuratore capo Scaglione, incrocia per la prima volta la mafia il giorno della befana del 1980, quando viene ucciso il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella. Come magistrato di turno diventa il titolare del fascicolo ed è la prima volta, ha raccontato Grasso, “che da magistrato affrontai Cosa nostra e le sue diramazioni nella politica, nella società, nell’economia”.
L’ulteriore passo, che determinò anche il cambiamento totale dello stile di vita per sempre, avviene nel 1985, quando gli viene chiesto di fare il giudice a latere del Maxiprocesso. il più grande processo penale della storia italiana, la cui sola sentenza si è composta di settemila pagine. E ‘ qui che nasce la conoscenza e l’amicizia profonda con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Quando nel 91 Falcone, allora Direttore della Direzione affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia, lo chiama come consigliere nascono nuove strategie di coordinamento contro la criminalità organizzata: viene decisa la nascita della Procura nazionale antimafia, delle Direzioni distrettuali antimafia e della DIA.
Dopo la morte di Falcone e Borsellino, la verità su quelle stragi diventa un impegno professionale e morale, indagando prima come sostituto poi come aggiunto, presso la Procura nazionale antimafia.
Gioacchino La Barbera, uno dei grandi pentiti di cosa nostra, raccontò a Pietro Grasso che dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio del 92, Riina voleva uccidere un altro magistrato, “un colpetto per ravvivare la trattativa”. E che il prescelto era proprio Pietro Grasso in un attentato da mettere a segno a Monreale dove risiedeva la suocera gravemente ammalata. L’esplosivo doveva essere posizionato in un tombino davanti casa, ma a causa dei sistemi elettronici di sicurezza di una vicina banca il comando a distanza rischiava di provocare l’esplosione anzitempo. I mafiosi persero tempo a cercare un telecomando che non consentisse interferenze ma, nel frattempo, “furono arrestati sia Riina che i mafiosi del commando, mia suocera morì e io non ebbi più motivo di andare a Monreale”, racconta lo stesso Grasso.
Nel 1999, dopo gli anni di Roma, torna a Palermo come Procuratore Capo. Sotto la sua direzione, fino al 2004, furono arrestate 1.779 persone per reati di mafia e 13 latitanti inseriti tra i 30 più pericolosi. Dal 2005 al 2012 è nominato Procuratore nazionale antimafia. Tra i risultati più rilevanti l’aver raccolto la collaborazione di Gaspare Spatuzza e aver così potuto far riaprire le indagini sulla stagione delle stragi. Un risultato importante, che è stato solo il primo verso la ricostruzione dalla verità: l’11 aprile del 2006 consegue l’arresto di Bernardo Provenzano, il capo della mafia latitante da decenni.
Poi l’impegno in politica che lo porta fino a rivestire il ruolo di seconda carica dello Stato.