La vicenda dei balconi crollati nelle new town di L’Aquila aveva dato luogo al maxisequestro di beni annullato ieri dal Tribunale del Riesame.
Potrebbe anche risolversi come quelle strane sentenze che accertano i reati ma non puniscono nessuno. A L’Aquila la vicenda del crollo dei balconi sembra nata per assumere contorni paradossali. Venuti giù dopo assai meno tempo delle belle case antiche, e senza neanche bisogno di un terremoto, sono finiti al centro dell’ennesima inchiesta sulla ricostruzione. Parallelamente, la Guardia di finanza sequestrava i beni delle imprese coinvolte delle new town, mentre Silvio Berlusconi, che agli aquilani terremotati mise un temporaneo tetto sulla testa, si avventurava in una orgogliosa, cieca e sorda – ma non muta – negazione dei crolli. Crolli che pure sono lì, stampati su tutti i giornali e immortalati in foto da ogni angolazione. Occorre ancora accertare chi abbia avuto qualche responsabilità nei cedimenti, però che siano venuti giù non si può negare; e se c’è un motivo ci sarà pure una responsabilità di qualcuno, visto che le case non le tira su la Natura (semmai le abbatte). Ora, a meno di due mesi dal sequestro della Guardia di finanza su beni (per 18 milioni) delle imprese che realizzarono gli alloggi antisismici del progetto Case, il Tribunale del Riesame rimischia le carte in tavola accogliendo il ricorso delle ditte, alle quali restituisce il maltolto. Il crollo non sarebbe dovuto al “materiale scadente e ai difetti strutturali nelle costruzioni”, quanto piuttosto alla poca manutenzione. Cosa occorra fare per tenere in piedi un balcone che crolla poco dopo la sua realizzazione non è specificato dalla sentenza del Tribunale del Riesame, che però ha disposto la restituzione delle somme alle tre imprese napoletane che si erano aggiudicate l’appalto. I lavori comprendevano anche il balcone in legno che, nel 2014, si staccò letteralmente dal terzo piano e andò a infilarsi in quello sottostante. La somma che era stata sequestrata, 18 milioni, equivaleva al valore dell’appalto vinto da Futuraquila, società consortile costituita dalle tre imprese napoletane. Tra le motivazioni del Riesame ci sarebbe anche la considerazione che i beni sequestrati non sono il profitto ottenuto dalle aziende nell’appalto in questione. Ora la decisione potrebbe complicare anche l’iter dell’inchiesta sullo scandalo balconi, un’indagine che coinvolge 27 imputati per i quali il pm Roberta D’Avolio ha già chiesto il processo.