Il Pm della DDA Fabio Picuti pronuncia la durissima requisitoria al processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta a L’Aquila per gli affari della ricostruzione. Chiesti 6 anni e 8 mesi per Stefano Biasini
Verso il culmine il dibattimento a L’Aquila del primo processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella torta della ricostruzione post sisma. Il Pm della Direzione Distrettuale Antimafia Fabio Picuti ha pronunciato in aula in due ore la requisitoria e le richieste a carico degli imputati, chiamati in causa per gli appalti del condominio Navarra/Diamante e per un altro immobile di Alfonso Ciccozzi. L’obiettivo delle cosche era di mettere le mani su oltre quindici appalti della ricostruzione privata del capoluogo. Nello specifico le imprese locali avrebbero fornito supporto logistico alla cosca e agito da intermediarie per l’acquisto di parte del capitale sociale di una delle imprese interessate ai lavori post sisma utilizzando operai indicati dagli stessi affiliati alla cosca calabrese, attraverso imprese ad essa riconducibili.
. La figura centrale dell’inchiesta sui cui si è incentrato il Pm è quella di Stefano Biasini, “un imprenditore” -ha detto Picuti- “in difficoltà che cercava finanziatori e occasioni di lavoro. Ed era anche un incensurato che conosceva bene la realtà imprenditoriale aquilana: il perfetto cavallo di Troia per la ‘ndrangheta della cosca Caridi-Zindato-Borghetto”. Intercettazioni, acquisizioni documentali e altre testimonianze sarebbero -per l’accusa- inequivocabili in tal senso. Al termine della ricostruzione dei fatti che ipotizzano l’aiuto esterno di Biasini alla criminalità organizzata delle ‘ndrine, il Pm ha chiesto a suo carico una condanna a 6 anni e 8 mesi. Chiesti invece 8 anni per il calabrese Francesco Ielo (ritenuto il referente della cosca). Per un altro imputato di Reggio Calabria, Antonino Vincenzo Valenti è stata chiesta l’assoluzione, mentre resta sospesa la posizione del fratello di quest’ultimo, per motivi di salute.