“Pericolose modifiche”, tra le motivazioni della Cassazione per la conferma delle condanne al processo per il crollo della casa dello studente a L’Aquila il 6 aprile del 2009.
La quarta sezione penale della Cassazione ha depositato le motivazioni del verdetto dell’11 maggio 2016 che ha confermato le condanne a quattro anni di reclusione per gli ingegneri Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rosicone, e a due anni e sei mesi per Pietro Sebastiani, il presidente della Commissione collaudo dell’Azienda per il diritto agli studi universitari, imputati nel processo per il crollo della casa dello studente a L’Aquila nel sisma del 6 aprile 2009.
Secondo la Suprema Corte l’edificio “era destinato a crollare in quanto ancora prima dei lavori di ristrutturazione eseguiti nel 2000, era stato totalmente, e pericolosamente, modificato rispetto al progetto originario e alla iniziale destinazione d’uso. Tuttavia i tre ingegneri che ne curarono la ristrutturazione nel 2000, e l’architetto responsabile del collaudo, avrebbero dovuto controllare i nuovi carichi di peso che gravavano sull’edificio e la tenuta statica, prima di eseguire gli interventi che avevano progettato e che “hanno aggravato gli effetti del crollo” nel quale morirono sette studenti e il portiere dello stabile. Il progettista, ove si inserisca in una situazione in cui altri siano già intervenuti, è tenuto ad informarsi circa i pregressi interventi e, se del caso, a proporre o ad effettuare i necessari interventi di adeguamento”: è il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte esaminando quanto è successo alla Casa dello studente, un principio applicabile a tutti i disastri, come quello di Rigopiano, nei quali un evento naturale fa da detonatore a grossi errori di progettazione. “Se è vero che non è addebitabile agli imputati la realizzazione di una variazione di uso dell’immobile Palazzo Angelini, poichè essi lo trovarono già adibito, e da tempo a studentato, è altrettanto innegabile che essi – scrive la Cassazione condividendo il verdetto di merito – subentrati, per così dire, in una situazione connotata da una variazione di uso, di fatto, ormai già realizzata da anni, hanno sicuramente trascurato che la Casa dello Studente è stata trasformata da edificio realizzato negli anni ’60 destinato ad abitazioni private, in una vera e propria struttura alberghiera, munita di tutte le relative dotazioni, che ne hanno palesemente stravolto l’originaria conformazione interna”. “Il palazzo – sottolineano i supremi giudici sulla scorta della sentenza d’appello del 28 aprile 2015 – è stato in tutto e per tutto modificato, rimanendo tuttavia identico all’originale soltanto per ciò che attiene alle sue componenti statiche, rispetto alle quali nè i tre progettisti, nè il collaudatore si sono minimamente posti il problema se tutto quello che era stato realizzato, con le radicali e totali modificazioni conseguitene, fosse ancora compatibile con quanto era stato progettato e valutato quasi quaranta anni prima e per tutt’altra destinazione”.