Pena confermata in appello al giovane israeliano processato per l’estorsione a luci rosse ai danni di un sacerdote a Civita di Bagno.
Trenta mesi di carcere confermati anche in appello per il giovane israeliano Mehez Amara, condannato per un ricatto ai
danni dell’ex parroco di San Raniero di Civita di Bagno, don Luigi Abid Sid, che denunciò l’episodio facendolo arrestare, circa tre anni fa. L’israeliano -secondo gli investigatori- aveva chiesto al prete somme di denaro per non divulgare messaggi WhatsApp compromettenti, a sfondo sessuale. Nonostante il gesto coraggioso della denuncia il sacerdote, per le disposizioni del diritto canonico, dovette comunque sostenere un percorso di riabilitazione.
I due si conobbero nel 2014 quando l’israeliano, studente universitario, prese alloggio nella residenza di San Carlo Borromeo, tra Coppito e Preturo. Dopo l’amicizia subentrò il ricatto e il parroco in un primo momento consegnò circa 7mila euro. Successivamente si rivolse alla Polizia che incastrò il giovane in occasione di una successiva concordata consegna. Dopo l’arresto, in primo grado vi fu la condanna per estorsione con il rito abbreviato, ora confermata in appello. Il legale dell’israeliano ha preannunciato ricorso in Cassazione.