Inizia a Trieste domani il processo all’ex parroco di Pizzoli accusato di aver strangolato un altro sacerdote.
Prima udienza in Corte d’Assise domani a Trieste per il processo all’ex parroco di Pizzoli monsigno Paolo Piccoli, 52 anni, rinviato a giudizio con l’accusa di aver strangolato un altro religioso, Giuseppe Rocco di 92 anni nell’aprile del 2014 nella casa del clero di Trieste. All’anziano prelato, che era il suo vicino di stanza, sarebbe stata strappata una catenina con medagliette d’oro. A chiamare in causa don Paolo una serie di piccole macchie di sangue, trovate sotto il corpo di don Rocco riverso senza vita sul suo letto. Tracce ematiche che appartengono al profilo genetico dell’ex parroco di Pizzoli, come hanno accertato le analisi scientifiche dei carabinieri del Ris di Parma. Il presunto assassino si è difeso dicendo di essere affetto da una malattia dermatologica che gli provoca talvolta delle piccole emorragie, anche alle mani, e che il sangue si sarebbe potuto propagare sul letto in cui giaceva il cadavere di don Giuseppe Rocco perché fu proprio lui a impartirgli la benedizione quando fu rinvenuto il corpo senza vita dell’anziano sacerdote. Tesi confutata anche da una Tac eseguita sul cadavere, che avrebbe confermato il decesso per morte violenta. Nei giorni immediatamente precedenti alla morte di don Rocco, dalla sua stanza sarebbero spariti alcuni oggetti sacri e tra i sospettati di furto pare ci fosse proprio l’ex parroco di Pizzoli. A smontare il castello accusatorio proverà il collegio di difesa del religioso, in cui è impegnato il legale aquilano Vincenzo Calderoni.
Quando era parroco a Pizzoli Don Piccoli era salito alla ribalta delle cronache per le sue crociate contro i comunisti, per la battaglia per decibel troppo alti delle campane della sua parrocchia e per le sue singolari prese di posizione. Ora è tornato al centro delle cronache per un episodio molto meno guareschiano e assai più inquietante.