Emergono nuovi inquietanti retroscena dopo l’arresto a Sulmona del boss camorristico Francesco Mallardo, che non aveva rispettato la libertà vigilata.
Le indagini della Polizia, in stretto coordinamento tra la Campania e la squadra Mobile della Questura de L’Aquila diretta da Maurilio Grasso, hanno fatto emergere particolari preoccupanti. Non stupisce e non meraviglia più -ormai- che il boss in libertà vigilata percepisse regolare pensione di invalidità di 300 euro al mese, o che approfittando della malattia cardiaca, viaggiava e guidava pur non avendo la patente. Ma l’aspetto inquietante risiede nello scenario legato al territorio: Mallardo voleva (ed in parte era già riuscito) radicarsi in Valle Peligna. Da Sulmona impartiva ordini e a Sulmona riceveva visite continue dai familiari che facevano i pendolari con Giugliano. Del resto il fratello si era addirittura stabilito in Valle Peligna per stargli vicino. I suoi interessi, diramati anche in Puglia dove con la scusa delle visite incontrava altri boss, andavano dalle estorsioni all’edilizia, alle attività commerciali. Voleva inserirsi nella torta della ricostruzione de L’Aquila, ed aveva tentato di acquistare un’attività a Sulmona.
Un allarme, quello destato dalla presenza di Mallardo, che ha inquietato anche il Sindaco di Sulmona Peppino Ranalli, per il quale “gli sviluppi dell’indagine, oltre alla presenza del supercarcere, rendono necessario un rafforzamento dell’attenzione per prevenire le infiltrazioni sul territorio della Valle Peligna”. Un rischio già più volte segnalato dai sindacati della Polizia Penitenziaria.