La “Nuova Pescara”, intervento di Tommaso Di Biase

Dall’architetto Tommaso Di Biase riceviamo e pubblichiamo un intervento sulla “Nuova Pescara”.

 

“Nel mondo dove tutti sognano (o delirano?) di poter essere ovunque «in tempo reale», il movimento nelle metropoli-territorio è bloccato. Il nostro spirito è nomadico e il nostro corpo vive in prigione. Schizofrenia che deve e può essere guarita. Ma per farlo occorrono una nuova immaginazione politica e una nuova fantasia urbanistico – architettonica «al potere». Per queste «aree vaste», dai confini imprevedibili, serve più fantasia al potere.” (M. Cacciari)

 

Non ho condiviso l’idea della Nuova Pescara così come è stata concepita. Il motivo fondamentale è che questa idea contraddice le necessità reali di governance  del territorio e delle istituzioni che le presiedono, risolvendosi semplicemente nella promozione di un nuovo municipio, esito dell’aggregazione di tre città esistenti: Pescara, Montesilvano e Spoltore. Tutto il resto del territorio circostante, sia quello limitrofo e confinante, sia quello di riferimento e di contesto più vasto, sono esclusi dal progetto. Il cui obiettivo dichiarato è di rafforzare e sviluppare il cuore del sistema urbano adriatico attraverso la creazione di una città più grande.

Ciò contraddice il carattere non metropolitano del territorio nel quale questa nuova città è inserita. Contraddice, cioè, la ricca rete di città piccole e medie che costituisce attualmente l’ossatura insediativa del territorio adriatico, del tutto alternativa alla forma monocentrica di tipo metropolitano inseguita dagli ideatori del progetto. Forma che costituisce oggi il problema di tutte le aree o città metropolitane del mondo, siano esse piccole, medie o grandi, in quanto sempre più invivibili e di fatto progressivamente ingestibili.

Di più facile governance, al contrario, sono, o possono essere, i territori costituiti da reti di città piccole e medie (come l’Abruzzo, o come il territorio marchigiano o quello molisano o lucano, o l’intero territorio appennico) in quanto permettono di sviluppare condivisione e coordinamento di politiche virtuose per la tutela dell’ambiente urbano senza mai annullare l’identità delle singole città, dei singoli poli della rete, al contrario rafforzandole e sviluppandone la coesione. Perciò, non di una nuova più grande città avremmo bisogno, ma di una adeguata governance dell’area vasta dell’Abruzzo Adriatico, a partire proprio dalla difesa del suo carattere policentrico. Carattere che rappresenta anche il suo valore specifico, la sua ricchezza ignorata. Come sostiene Cacciari nel suo saggio sulla città infinita: Non abbiamo bisogno di nuovi «centri» ma di creare una «rete» che combini decisione a partecipazione, concertazione a progettualità.

E questa rete esiste.

Ciò detto, una legge è stata approvata dalla Regione Abruzzo e il processo di costituzione della cosiddetta Nuova Città sta per essere avviato a cura dei Consigli Comunali interessati.

La mia domanda è questa: “quale idea di città deve presiedere la pianificazione della Nuova Pescara?”

 Quando nel primo dopoguerra, il Sindaco e il Consiglio Comunale di Pescara affrontarono il tema del Piano della ricostruzione e dello sviluppo della città chiamarono uno dei migliori urbanisti italiani, l’arch. Piccinato, e gli affidarono l’ideazione del piano. Piccinato fece un lavoro magistrale. Ma era un’altra epoca e il mandato era chiaro. Oggi non è più tempo dell’architetto demiurgo, tecnico e filosofo dello spazio e della società urbana. Oggi, un’idea adeguata di città può nascere se si individua il “principe” di una tale idea, ovvero il soggetto collettivo che la deve elaborare e condividere. Credo che questo soggetto in qualche modo sia stato indicato dalla legge. E’ l’assemblea dei tre Consigli Comunali, la costituente della nuova città. L’assemblea, secondo me, potrebbe essere aiutata da alcune personalità: intellettuali in grado di cercare, e di trovare, l’anima di questo territorio. Potrebbero essere un filosofo, un sociologo e un architetto. Un gruppo primario, finalizzato a produrre una “visione” della nuova città, sostenuto da un ufficio del piano formato da una serie di specialisti di svariati settori:  urbanistica, architettura, geologia, archeologia, letteratura, agronomia, paesaggio e beni culturali, fauna, flora, economia, matematica statistica, tecnico amministrativo, cartografia e GIS, ecc..

Ma oltre questo percorso ragionato, ciò che principalmente occorre, come dice Cacciari, è “…una nuova immaginazione politica e una nuova fantasia urbanistico – architettonica «al potere».

 

Pescara, settembre 2018    Tommaso Di Biase

 

 

Piccolo vademecum del piano:

  • il piano urbanistico della Nuova Pescara non può e non deve essere la sommatoria dei piani vigenti delle tre città;
  • il piano deve fondarsi su alcune invarianti ambientali e infrastrutturali che ne devono rappresentare la struttura condivisa e non negoziabile;
  • il piano deve incarnare un programma di infrastrutturazione sociale e civile del territorio (manutenzione e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, acqua, depurazione, energia, raccolta e trattamento rifiuti, difesa e risparmio del suolo, difesa della natura, ecc.) che deve avere come riferimento e contesto l’area vasta adriatica;
  • il piano deve avere tra le sue priorità la ristrutturazione, l’innovazione e la messa in sicurezza del patrimonio abitativo esistente pubblico e privato ;
  • i pesi, la densità, gli indici quantitativi del piano devono essere contestualizzati nell’ambito dell’area di riferimento, ovvero nell’ambito dei territori delle tre province adriatiche, nel quadro delle esigenze di riequilibrio territoriale e insediativo dell’intera area vasta adriatica;
  • il piano deve sviluppare la rappresentazione del territorio nelle tre dimensioni permettendo la prefigurazione delle trasformazioni pubbliche e private della città prima della loro concreta realizzazione;

 

 

L'autore

Carmine Perantuono
Laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1997. Ricopre il ruolo di Direttore Responsabile di Rete8.