Sfilano i primi testimoni in Corte d’Assise a Chieti nel processo per l’omicidio Giammarino a Penne. Presente in aula l’imputato Mirko Giancaterino
L’80enne ex maresciallo dell’Aeronautica Gabriele Giammarino venne ucciso nella sua abitazione di Penne con pugni e 26 coltellate il 13 settembre del 2015. Unico imputato è il 38enne Mirko Giancaterino di Penne (nella foto), assistito dall’avvocato Melania Navelli e accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per aver dato fuoco al materasso che copriva il corpo della vittima e incendio.
La Corte (presidente Geremia Spiniello, a latere Isabella Allieri) ha ascoltato la testimonianza del maggiore dei carabinieri Massimiliano Di Pietro, i vigili del fuoco che intervennero nell’abitazione, il medico legale Cristian D’Ovidio che effettuò l’autopsia e la convivente della vittima l’austriaca Petra Rosner.
LA RICOSTRUZIONE DEL DELITTO Giammarino venne colpito alla faccia e al cranio con un’arma da punta e taglio 23 volte, ma aveva anche due ferite da difesa passiva al polso sinistro e una da difesa attiva alla mano destra perchè avrebbe cercato di afferrare ca lama che teneva in mano l’assassino. Pur colpito brutalmente, l’ex maresciallo era ancora vivo quando venne appiccato l’incendio: tant’è che la causa della morte accertata dal medico legale Cristian D’Ovidio in sede di autopsia, è asfissia per avere inalato fuliggine a temperatura elevatissima che raggiunse i polmoni. A collocare nei pressi nel luogo dell’omicidio Giancaterino ci sono le immagini della telecamera di videosorveglianza di una tabaccheria che riprendono una persona, identificata dal carabinieri in Giancaterino: l’uomo che viene ripreso una prima volta alle 6.45 quando si ferma al distributore di sigarette e poi alle 7.21 mentre si allontana di corsa proveniente dalla direzione in cui si trova la casa di Giammarino. La stessa persona che una badante rumena, che abitava al piano di sotto, dice ai carabinieri dice di aver visto allontanarsi della casa di Giammarino quel mattino subito dopo aver sentito un gran trambusto. La Rosner, nel corso di una seconda perquisizione effettuata nella loro abitazione, indicò ai carabinieri le scarpe, nascoste dietro un cespuglio, sulle quali è stata trovata una macchia di sangue della vittima, e consegnò loro anche gli abiti del compagno, fra i quali pantaloni di una tuta macchiati di sangue sempre della vittima, sequestrati assieme ad un coltello. Mentre in una prima perquisizione erano stati sequestrati un pugnale ed altri indumenti fra i quali un berretto, una maglia e un paio di pantaloni.