Finiscono a casa altri 11 dipendenti del sansificio Schiavone di Pescara che, insieme ad altri tre licenziati in precedenza, diventano 14 a fronte dei 20 dipendenti totali. Per il titolare Cristian Schiavone si è trattato di una scelta obbligata a causa della protratta inattività dell’azienda, ma la riassunzione sarebbe immediata se il sansificio potesse tornare a lavorare senza polemiche e senza ulteriori intoppi burocratici.
Il riferimento è chiaramente riconducibile alle contestazioni dei giorni scorsi, quando i residenti della zona sono tornati a protestare contro l’olezzo avvertito nel quartiere, arrivando a preparare una petizione perché si faccia finalmente chiarezza sulla natura dei fumi del sansificio, ubicato tra via Fora e strada vicinale torretta. L’obiettivo, spiegano dal comitato promotore, non è affatto la chiusura né la delocalizzazione e tanto meno il licenziamento del personale, ma solo l’adeguamento del sistema di funzionamento dell’impianto.
Dal canto suo Cristian Schiavone, titolare del sansificio insieme al fratello Alessio, sostiene di avere già in uso un biofiltro, costato 100 mila euro e frutto di uno studio sperimentale degli ingegneri dell’Arta, che migliorerebbe la qualità delle emissioni, ma le continue proteste rallentano l’attività, al punto che le centinaia di quintali di sansa, accumulate come scorta di giacenza per la produzione di pellet e nocciolino, devono ancora essere smaltite, quando invece, senza stop, sarebbero già state esaurite da un pezzo. “Se mi lasciassero lavorare in pace, entro maggio finirei le scorte”, ha dichiarato Cristian Schiavone.
L’odissea degli Schiavone è partita il 15 gennaio scorso, quando il superamento dei parametri del monossido di carbonio, bloccò l’attività del sansificio; poi è stata la volta dell’ordinanza del sindaco Alessandrini che lo scorso 2 aprile imponeva lo stop a qualsiasi attività lavorativa collegata all’emissione di fumi molesti nell’aria; infine la recente sentenza del Tar che, congelando l’ordinanza del sindaco, ha permesso al sansificio di riprendere la produzione. Non senza contestazioni però, prime fra tutte quelle dei cittadini.
“Il nostro è un prodotto di derivazione naturale che non ha mai ucciso nessuno”, si difende Cristian Schiavone, annunciando di essere sull’orlo del fallimento, ma anche pronto a riassumere tutti i licenziati se l’azienda di famiglia potesse tornare a lavorare senza ulteriori stop.