Continua il processo al tribunale di Pescara per la tragedia dell’hotel Rigopiano a Farindola. Interrotta l’audizione del dirigente Giovani in procura: per i legali c’è reato.
L’audizione di Carlo Giovani, all’epoca dei fatti responsabile dell’ufficio rischio neve e valanghe della Regione Abruzzo, è stata interrotta. Giovani è comparso questa mattina in Procura a Pescara, nell’ambito dell’inchiesta sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), su richiesta dei legali Cristiana Valentini, Massimo Manieri e Goffredo Tatozzi, difensori del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, del tecnico comunale Enrico Colangeli e del Comune di Farindola.
L’interruzione è avvenuta su segnalazione dei tre legali, in quanto a loro giudizio sarebbero emersi “precisi indizi di reità a carico del funzionario, per i reati di concorso in disastro e omicidio colposo plurimo. A questo punto – rimarcano gli avvocati – Giovani è passibile d’indagine e potrà essere ascoltato solo alla presenza del difensore”.
Sul punto il pm Andrea Papalia, titolare delle indagini, si è riservato di compiere le proprie valutazioni e dunque al momento Giovani non risulta ancora iscritto nel registro degli indagati.
Per i difensori del sindaco e del Comune di Farindola, invece, si tratterebbe di un atto dovuto, in quanto nel corso dell’audizione “Giovani ha riferito come la carta storica delle valanghe, al suo arrivo in Protezione Civile nel 2013, giacesse ‘in uno scatolone’, assieme a tutta la documentazione sulle valanghe in Abruzzo, ‘con quattro dita di polvere sopra”.
La carta storica delle valanghe è propedeutica alla realizzazione della carta di localizzazione dei pericoli da valanga (Clpv), che secondo i tre legali “la Regione Abruzzo era tenuta a realizzare sulla base della legge 170 del marzo 2014” e che, sempre a loro giudizio, “se fosse stata realizzata, avrebbe evitato il disastro costato la vita a 29 persone”.
In tal senso Giovani questa mattina avrebbe inoltre confermato di avere ricevuto l’ordine di giunta, nel 2014, per redarre la Clpv, che poi non sarebbe stata realizzata per mancanza di soldi e che con l’arrivo della nuova giunta regionale sarebbe finita nel dimenticato. Elementi che inducono Valentini, Manieri e Tatozzi a ritenere che Giovani, “consapevole dell’importanza della Carta”, non possa non essere indagato.
La difesa di Lacchetta e del Comune di Farindola contesta anche il rigetto dell’istanza di accesso alle intercettazioni telefoniche realizzate dalla Procura de L’Aquila e inviate a quella di Pescara per competenza, nelle quali è “possibile ascoltare soggetti Regionali, intercettati immediatamente dopo il disastro di Rigopiano, che parlano in merito al disastro e alla posizione regionale”. A giudizio degli avvocati il rigetto della Procura, “è non solo contra legame, ma anche gravemente lesivo del diritto alla prova, e per di più costituisce un vero ostacolo al diritto all’accertamento della verità, degli indagati come delle vittime, nell’ambito dell’indagine difensiva”.