Dei cinque funzionari dell’Eni finiti ai domiciliari perché travolti dallo scandalo petrolio, un arresto eseguito anche a Ortona.
La luce addosso già ce l’aveva, con quelle fiammate improvvise che illuminavano a giorno tutta la vallata e che tanto preoccupavano gli abitanti di quell’area della Basilicata. Ma ora i riflettori puntati sul Centro Oli di Viggiano (dove l’Eni tratta il petrolio estratto in Val d’Agri) accesi dalla Direzione Distrettuale Antimafia sembrano ancora più abbaglianti. La Dia, che indaga da mesi, ieri ha dato mandato ai Carabinieri per la tutela ambientale di eseguire cinque arresti di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di “attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti”. Un’inchiesta che sfiora anche l’Abruzzo, visto che tra gli arrestati, tutti ai domiciliari, figura la responsabile sicurezza e salute dell’Eni, Roberta Angelini, che non è abruzzese ma che risiede a Ortona. Le cinque persone ai domiciliari sono tutti funzionari del Centro Oli di Viggiano (Potenza), ma i Carabinieri del Noe hanno eseguito anche un’ordinanza di divieto di dimora per un dirigente della Regione Basilicata. I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti nelle province di Potenza, Roma, Chieti (Ortona), Genova, Grosseto e Caltanissetta. Da ieri la produzione di petrolio in Val D’Agri, dove si trovano giacimenti di idrocarburi di interesse nazionale, è stata sospesa, ma il vero terremoto è quello piovuto sul Governo, dopo le dimissioni del ministro Guidi (compagna di uno degli indagati) e soprattutto dopo le intercettazioni che in qualche modo coinvolgono lei e la collega Boschi, anche se va precisato che nessuna delle due è indagata.
In tempo di voto sulle trivelle, c’è anche chi ha parlato di giustizia ad orologeria, in realtà è da parecchio tempo che la magistratura, in particolare il Pm d’assalto Woodcock, ronza attorno all’insediamento petrolifero in Basilicata. La prima inchiesta risalirebbe al 2001/2002 e sarebbe scaturita dall’esposto di un cittadino che portò poi la Procura ad ipotizzare un giro di mazzette. L’inchiesta portò anche ad una retata che coinvolse personaggi eccellenti. La Procura di Potenza avviò poi un secondo troncone d’inchiesta sull’oleodotto di Viggiano, che coinvolse imprenditori e funzionari dell’ENI e anche alcuni personaggi politici e militari. L’inchiesta poi si sgonfiò e della cosa non si parlò più molto almeno fino al 2004, quando nei guai finirono il comandante dei Vigili del fuoco di Potenza, due dirigenti e un dipendente dell’Eni, il direttore tecnico di una società collegata alla compagnia petrolifera impegnata in Val d’ Agri nella estrazione di petrolio. Arrestati dai Carabinieri con l’ accusa di concorso in corruzione aggravata e continuata, i cinque vennero bloccati al termine di indagini durate oltre un anno e sempre coordinate dal pubblico ministero di Potenza, Henry John Woodcock. Secondo l’accusa, per sveltire le pratiche che riguardavano l’Eni, il comandante dei vigili del fuoco avrebbe ottenuto favori e regali attraverso il direttore tecnico della società collegata alla stessa Eni. In quell’occasione le cronache riportarono i nomi degli arrestati, tra i quali figurava anche la donna arrestata di nuovo ieri a Ortona, Roberta Angelini, che all’epoca aveva 43 anni ed era già dipendente della compagnia nazionali di idrocarburi. Il nuovo arresto di Roberta Angelini è stato eseguito ieri in Abruzzo, dove la donna – figlia di un dirigente dell’Eni di stanza a Ortona all’epoca del centro direzionale Eni – ha mantenuto la propria residenza, pur essendo domiciliata in Basilicata. Tornando al 2004, secondo il Pm Woodcock favori e tangenti per estrarre il petrolio in Val d’Agri erano una regola. Regola che, stando agli ultimi arresti, sembrerebbe ancora in vigore, a meno che anche quest’ultima inchiesta non finisca col tramutare la fiammata delle ciminiere di Viggiano in un fuoco fatuo. Va detto però che oggi sono i filoni di indagine sono non ci sono solo presunte tangenti, ma anche smaltimento illecito di rifiuti.
Il recente blitz (dicembre 2015) nel Centro Oli Eni di Viggiano riguarda proprio l’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti prodotti nella struttura, le emissioni in atmosfera, i livelli di diossina e l’eventuale presenza di inquinanti nel terreno. I vari filoni dell’inchiesta – condotta dai pm Francesco Basentini e Laura Triassi – avevano portato alla perizia consegnata alla Procura. La vicenda è stata anche commentata da Legambiente Basilicata, secondo la quale è “evidente la mancanza di un sistema di controllo pubblico e trasparente sulle attività petrolifere in Val d’Agri e sulla gestione dei rifiuti speciali. Già dal 2011 l’associazione ha denunciato anomalie e stranezze nella gestione dei rifiuti speciali in Basilicata, con un sistema che non appare governato dall’interesse pubblico ma piuttosto da quello delle imprese private”.
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