Nella notte dell’anniversario del sisma, l’omelia del cardinale Petrocchi: “Preghiamo anche per le vittime del covid”. Anche Biondi cita il parallelo con la pandemia.
“Dopo la calamità del terremoto 2009, con le sue repliche del 2016 e 2017, si è abbattuta, nel nostro territorio, l’emergenza pandemica. Preghiamo per i deceduti a causa della epidemia, per quanti hanno contratto il contagio e per le loro famiglie. Esprimiamo profonda partecipazione a coloro che hanno subìto danni professionali e relazionali: nessuno è escluso dal nostro abbraccio fraterno e dalla nostra ‘prossimità fattiva’ “.
Così l’arcivescovo metropolita dellAquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, nella omelia pronunciata nella Santa Messa celebrata nella chiesa del Suffragio, in occasione del 12esimo anniversario del terremoto del 6 aprile del 2009, funzione religiosa che ha aperto le commemorazioni caratterizzate da un programma ridotto per via del coronavirus.
“Preghiamo per i deceduti a causa della epidemia, per quanti hanno contratto il contagio e per le loro famiglie. Esprimiamo profonda partecipazione a coloro che hanno subìto danni professionali e relazionali: nessuno è escluso dal nostro abbraccio fraterno e dalla nostra ‘prossimità fattiva’. Anche questa battaglia non può gestita solo da una élite, ma costituisce una impresa di Popolo. Non bastano atteggiamenti ‘virtuosi’ di una minoranza, che possono essere diluiti o azzerati da comportamenti dannosi di un’altra porzione di persone. Anche se le urgenti e necessarie strategie ‘tecnico-scientifiche’ e ‘farmacologiche’ (come la vaccinazione di massa) risolvessero nel tempo il problema sanitario, ma non venissero messi in campo gli indispensabili stili cognitivi e relazionali, segnati da una coesione matura e fattiva, i costi umani – come anche i guasti sociali ed economici – sarebbero disastrosi, e questo non possiamo permettercelo – conclude il prelato.
“Il dramma del terremoto ha reso ancora più ‘Popolo’ la gente aquilana: la comune tragedia, affrontata ‘insieme’, ha stretto, con nodi inscindibili, il mutuo senso di appartenenza. Quando un trauma, che deriva da una calamità generale, colpisce una ‘popolazione’ viene vissuto in modo frammentato: ciascuno lo porta per conto suo o per aggregati sparsi. Invece, dove c’è Popolo, il dramma è condiviso: vissuto da tutti e da ciascuno in modo diverso, ma universale. Si stabilisce così una ‘interdipendenza’, in cui il ‘mio’ diventa ‘nostro’, e viceversa”.
“Un altro fattore crea legami costitutivi è la determinazione collettiva nel reagire alle emergenze e la volontà perseverante di ricostruire. L’Aquila, nella sua storia fondativa, non è partita in ‘tono minore’, per innalzarsi successivamente a registri ‘maggiori’: è subito arrivata ad eseguire uno ‘spartito alto’. Gli annali della Città lo documentano con chiarezza. Va pure evidenziato che la matrice cristiana della sua cultura e la configurazione ‘montanara’ (cioè tenace e vigorosamente reattiva) ha spinto sempre il Popolo aquilano ad affrontare le difficoltà, anche devastanti, con la ferma speranza che, dichiarando guerra alla morte (in tutte le sue forme) e mobilitandosi a favore della vita, con l’aiuto di Dio si sarebbero attivati processi vincenti di Risurrezione”.
“Sono persuaso che se si venisse fatta un’analisi del DNA del Popolo aquilano si ritroverebbero – tra i cromosomi identitari – la ‘resilienza al sisma’: questi fattori ‘strutturali’ suscitano ‘anticorpi caratteriali’ che neutralizzano i virus della disgregazione sociale e sconfiggono la sindrome della disfatta. Altro ‘gene’ identitario è la ‘tenacia del ripartire’, che si rende visibile nella spinta perseverante alla ricostruzione. Dal ‘gene’ della ripartenza, sempre e a qualunque costo, si sviluppa il ‘genio’ del reinventarsi, pure davanti alle macerie, una esistenza non solo ‘ri-adattata’, ma ‘re-inventata’ e di ‘nuovo conio’. Per tali motivazioni, la commemorazione, che stiamo celebrando, non riguarda solo i famigliari delle Vittime e la rete degli amici: è un evento di Popolo!”, spiega ancora l’arcivescovo.
Biondi: “Pregando saremo più forti contro dolore e pandemia”
“Oggi più che mai è il tempo della preghiera, comunque la si voglia intendere e praticare. Preghiera che è corresponsabilità, ma anche la forza che permette di affrontare la complessità della vita. Tutto dipende da noi, Dio non vive al posto nostro”. Così il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, intervenendo al termine della Santa Messa nella chiesa del Suffragio, in occasione del 12esimo anniversario del terremoto dell’Aquila che il 6 aprile 2009 ha causato 309 morti e 1500 feriti. Anche Biondi, come l’arcivescovo dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, ha collegato la tragedia del terremoto di 12 anni con la drammatica pandemia. “Ma come un buon padre ci aiuta a capire che ognuno di noi è più grande del proprio dolore per le persone care che il terremoto ci ha portato via e siamo più grandi dello smarrimento che la pandemia ci affligge. Che siamo più grandi del timore di non farcela, che siamo più grandi di chi, attraverso i social, alimenta le nostre paure sfruttandole per basse finalità – spiega ancora Biondi -. La speranza può essere intesa non solo come l’aspettativa di un futuro migliore del presente. Ma come la virtù di chi non molla, di chi non si fa sopraffare dalla pandemia e comprende che è il momento di affidarsi alla scienza e a quei valori di civiltà e rispetto per gli altri che ci suggeriscono un’adesione convinta alla campagna di vaccinazione – conclude il primo cittadino.
“Ancora una volta, dopo il 6 aprile di 12 anni fa, oggi dobbiamo fare ricorso alla nostra forza interiore di gente di montagna. Dobbiamo reimparare a vivere nella normalità. Il dolore non ferisce soltanto ma stimola le nostre risorse più profonde per affrontarlo e viverlo all’altezza di una dignità umana che la storia continua a riscattare tra le pieghe di avvenimenti carichi di orrori ma anche che successi e rinascita”.
“Sono due anni che questo rito del dolore, della speranza, – continua Biondi – è stato registrato dall’emergenza sanitaria da cerimonia corale a evento in solitudine. Una pandemia che oggi, su esplicita richiesta dei familiari delle vittime del 6 aprile 2009, ha portato alla decisione di rinviare l’inaugurazione del Parco della Memoria a quando potrà di nuovo esserci un momento comunitario. È desiderio dei familiari, infatti, che l’intera città possa vivere da subito il Parco della Memoria, pensato per accogliere la rifioritura della vita, il ricordo di un dolore privato che si è trasformato nella sofferenza di tutti”. Rivolgendosi un pensiero alla memoria delle 309 vittime, il sindaco sottolinea: “I nostri cari, sacrificati sotto le macerie, sono diventati parte di noi, testimoni in un dialogo tra anime, di una visione della vita che attraverso la forza del lutto, dell’emozione che scaturisce dal dolore, produce la speranza di apertura al futuro”. Biondi ha menzionato anche i giovani “che oggi si affacciano, sia pure con affanno, nel mondo del lavoro” e ricordato i due operai stranieri morti nel tragico crollo a San Pio delle Camere e, come a loro, a tutto i lavoratori che “hanno contribuito con il loro lavoro a fare dell’Aquila una città ancora più sicura e ancora più bella”.