Finisce in tribunale il caso del bimbo, nato con l’utero in affitto, a Giulianova. Il funzionario dell’anagrafe respinge l’iscrizione e il Comune si costituisce.
Maternità surrogata, pratica vietata in Italia, vuol dire anche impossibilità di iscrizione all’anagrafe comunale. Questa l’equazione interpretativa formulata da un ufficiale di stato civile del Comune di Giulianova, di fronte al caso di un minore nato con il cosiddetto “utero in affitto” in Ucraina. Ed è sulla correttezza di questa applicazione normativa che sarà chiamato presto a pronunciarsi il tribunale civile di Teramo. Di fronte al diniego, infatti, i genitori -supportati dal loro legale Giorgio Muccio di Bologna- hanno citato in giudizio l’Amministrazione Comunale, che in persona del Commissario Straordinario Eugenio Soldà si è costituita.
Si tratta di una coppia coniugata all’estero: un uomo originario di Giulianova e una donna sudamericana iscritti all’Aire (il registro dei residenti all’estero). Il loro desiderio di avere un figlio si era inizialmente scontrato con l’insuccesso anche della fecondazione assistita. Di qui la maternità surrogata in una clinica ucraina, attraverso la fecondazione in vitro con l’ovulo di una donatrice e la gravidanza completata dopo l’impianto nell’utero di un’altra donna straniera. Il neonato è stato registrato dall’ambasciata italiana a Kiev che ha trasmesso la pratica al Comune di Giulianova. Dove però tutto si è ora fermato, aspettando la decisione della magistratura.