Quattordici anni, due mesi e 20 giorni: questa la condanna inflitta al caldaista di Giulianova per la morte dell’imprenditore Paolo Cialini con cui aveva avuto un diverbio stradale.
Si è concluso con la condanna a 14 anni, 2 mesi e 20 giorni il processo con rito abbreviato al caldaista giuliese Dante Di Silvestre, 60 anni, accusato di omicidio volontario aggravato per aver accoltellato e ucciso al termine di un diverbio stradale l’imprenditore di 41 anni Paolo Cialini. Di Silvestre è stato anche condannato al risarcimento del danno in favore della parte civili, il cui ammontare andrà quantificato in separata sede. Il delitto avvenne sotto gli occhi della figlia di Cialini, una bimba di due anni. Il pm Enrica Medori aveva chiesto la condanna a 17 anni di carcere, con il riconoscimento delle generiche equivalenti alle aggravanti. L’omicidio si era consumato in pochi istanti il 14 giugno scorso. Di Silvestre e Cialini erano a bordo delle rispettive auto quando tra i due scoppiò un litigio per questioni stradali. La discussione degenerò in pochi minuti e culminò con la coltellata fatale sferrata da Di Silvestre a Cialini (nella foto). I legali di Di Silvestre, durante il processo, hanno sostenuto la tesi del delitto d’impeto, quindi l’omicidio sarebbe preterintenzionale. Una tesi che per gli avvocati Gennaro Lettieri e Nadia Baldini sarebbe confermata anche nel comportamento di Di Silvestre subito dopo il delitto. Fu proprio Di Silvestre, che ha sempre sostenuto di non essersi accorto che nell’automobile ci fosse la bambina, a soccorrere Cialini e a chiamare i soccorsi, aspettando in strada anche l’arrivo dei Carabinieri. Lo stesso Di Silvestre subito dopo il delitto aveva provveduto ad un primo risarcimento nei confronti della figlia della sua vittima. Il giudice ha disposto anche una provvisionale esecutiva di 100000 euro in favore della figlia della vittima, di 40000 in favore della compagna e 20000 in favore della sorella.
“E’ una sentenza abbastanza equilibrata tenendo conto del fatto – ha commentato l’avvocato Giovanni Melchiorre, che rappresentava la compagna e la figlia della vittima – Noi abbiamo chiesto non una sentenza che fosse una pena esemplare ma che venisse fatta giustizia per un fatto grave. Da questo fatto non risultano distrutte due famiglie ma una soltanto, quella di Paolo Cialini e della figlia”.