‘Totalmente incapace di intendere e di volere, sia all’epoca dei fatti che attualmente, in quanto affetto da ritardo mentale grave e psicosi cronica’. Così la perizia su Sante Corazzini, il 43 enne di Popoli che nel 2013 uccise il padre a coltellate.
È quanto emerso dalla perizia depositata presso il tribunale di Pescara, dallo psichiatra aquilano Maurizio Cupillari, nell’ambito del processo a carico di Sante Corazzini, il 43 enne che il 12 agosto del 2013 uccise il padre, di 66 anni, a coltellate. La perizia ha, inoltre, accertato che Corazzini ‘non è pericoloso socialmente, ma è necessario che assuma costantemente una terapia farmacologica e rimanga ricoverato in una struttura protetta, anche in virtù dell’impossibilità, da parte delle sorelle, di seguirlo adeguatamente’. L’uomo, che è libero dal 29 luglio del 2014, è attualmente ricoverato nella clinica Villa Serena, dove ha scelto di recarsi volontariamente per sottoporsi alle cure. L’avvocato della difesa, Paolo Marino, si è opposto proprio in considerazione del fatto che il suo assistito è già ricoverato all’interno di un centro specializzato e, dunque, le esigenze di sicurezza risultano soddisfatte. Cupillari ha, infine, evidenziato ‘che l’imputato non è in grado di partecipare al processo’. Il parricidio avvenne al culmine di una lite tra padre e figlio: il rapporto tra i due era particolarmente teso peggiorando subito dopo la morte della madre dell’imputato, avvenuta qualche anno prima. Il 43enne, che era da tempo in cura nel centro di igiene mentale di Tocco da Casauria (Pescara) ed era stato affidato al padre in quanto ritenuto seminfermo di mente, la sera dell’estate di tre anni fa ha aspettato che il genitore si mettesse a dormire per poi, raggiunto in camera da letto, colpirlo al torace e al collo con un coltello da cucina. La vittima ha cercato di difendersi dalla furia del figlio morendo qualche istante dopo. Negli anni ’90 Sante Corazzini fu condannato per avere picchiato e ucciso un anziano, da cui avrebbe subito, a suo dire, attenzioni a sfondo sessuale. La pena venne prima attenuata in appello, grazie al riconoscimento dell’attenuante della provocazione, e poi condonata con la grazia, che gli fu concessa dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.