Il manifesto che pubblicizza la sagra della porchetta di Campli abbinandola alle donne è al centro di diverse polemiche.
Ad una lettura superficiale potrebbe persino sembrare un invito ad avere maggiore considerazione per la donna, ma non ci cascate: pure se ritrae un panino, ha tutta l’aria della solita strumentalizzazione del corpo femminile e fa il paio con tante altre metafore animal-culinarie. Francamente poco importa se la donna meriti di essere guardata come un panino con la porchetta di Campli o se la porchetta di Campli vada guardata come una donna, il concetto è comunque parente stretto del florilegio di aggettivi che talvolta accompagna l’apprezzamento maschile per le forme femminili: burrosa, appetitosa, pollastrella, carnale… ma anche, nelle forme più volgari, maiala, porca, cavallona, vacca… Che sia sessismo, discriminazione, stereotipo di genere, o che sia solo una brutta pubblicità, poco importa: quello che conta è che non solo il rispetto morale ma anche il buon gusto si ribellano all’idea che sia lecito e politicamente corretto associare in un modo nell’altro la porchetta e il corpo della donna. Il fatto è che questa pubblicità, forse senza nemmeno rendersene conto – ed è ancora più grave – suggerisce l’idea che basti guardare l’involucro – di una donna o di un panino – per apprezzarne la “bontà”. Sarà per questo che sono ancora tanti gli uomini che guardano ma non vedono oltre (la donna e il suo corpo), uomini che hanno occhi e non vedono più in là del loro naso o delle tette altrui. E se, da donne, restituissimo il favore utilizzando gli uomini negli slogan per vendere hot dog? A loro potrebbe persino sembrare un complimento, ma a ben vedere…
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a me ed alle donne che conosco non piacerebbe essere equiparato ad una porchetta. Trovo questa pubblicità rozza e volgare ma soprattutto umiliante per le donne che hanno rispetto di sé stesse.