Chi non si è ammalato può già considerarsi fortunato, ma se vive in Abruzzo lo è anche di più, visto che fino alla settimana scorsa la nostra regione figurava tra quelle con il più alto indice di sindromi influenzali.
Ad eccezione di Friuli Venezia Giulia, Veneto, Provincia autonoma di Bolzano e Sardegna (5 casi su 1000 assistiti) nelle altre regioni italiane l’indice è stato pari o superiore a 10 casi per 1000. Fino al 10 gennaio l’incidenza più alta è stata registrata nella Provincia autonoma di Trento, subito seguita da Abruzzo e Marche (oltre 19 casi per mille assistiti) e Piemonte (18,07). Gli ultimi dati parlano di circa 4 milioni di italiani finiti a letto con uno, o anche entrambi, i virus in circolazione. Un dato così significativo non si manifestava da 14 anni. Tuttavia, dovremmo essere agli sgoccioli: il picco ha già imboccato la discesa, a cominciare dal Piemonte, per poi scemare anche nel centro-sud. Dall’8 al 14 gennaio 2018, infatti, il numero è rimasto stabile rispetto al periodo 1-7 gennaio, con una lieve flessione della curva epidemica che fa ben sperare. Ad osservare da vicino e registrare l’andamento dell’influenza stagionale sono i medici sentinella della rete Influnet dell’Istituto superiore di sanità.
“Quella di quest’anno, in termini di diffusione, è la più grave epidemia di influenza stagionale in Italia dal 2004 – ha commentato Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss). – I dati Influnet parlano di 140 casi gravi di influenza e di 30 morti,. Già l’anno scorso abbiamo avuto l’eccesso di mortalità da complicanze da influenza stagionale più alto in Europa, insieme alla Gran Bretagna”.
Molti sostengono che le cause di questi numeri siano da registrare nel calo delle vaccinazioni. Intanto, alla fine della seconda settimana del 2018, sembra finalmente arrestata l’ascesa della curva epidemica, anche se il livello di incidenza dei virus influenzali in Italia è ancora alto, oltre 10 casi per mille assistiti (era di 13,89/mille nella settimana di rilevazione precedente). La fascia di età più colpita è quella dei bambini minori di 5 anni, in cui si osserva un’incidenza pari a 30,84 casi per mille assistiti, seguita dalla fascia 5-14 anni con 15,90 casi per mille. L’incidenza nei giovani adulti (15-64 anni) è di 13,79 casi per mille, mentre quella fra gli anziani di 7,76/mille.