Riprenderà il prossimo 5 marzo il processo a Pescara sulla tragedia di Rigopiano: era il 18 gennaio del 2017 e morirono 29 persone a causa di una valanga che travolse il resort costruito sul fianco del Gran Sasso. Si riparte dalle intercettazioni in merito alle ipotesi di depistaggio.
L’ultimo tassello processuale è stata la decisione del Tribunale per il Riesame, lo scorso 15 dicembre, che ha annullato l’ordinanza di sequestro conservativo degli emolumenti degli imputati, l’ex prefetto Provolo, e i funzionari regionali Belmaggio e Visca sul presupposto che il Gup, Sarandrea, non ha integralmente motivato in ordine al fumus boni iuris delle accuse formulate dalla Procura della Repubblica di Pescara. Ma a quanto si è saputo l’istanza verrà ripresentata. Il 5 marzo il processo ripartirà dall’esame del perito che ha depositato le intercettazioni in merito alle ipotesi di depistaggio successivo alla tragedia, filone che è poi stato unificato al procedimento madre. Ma secondo molti legali non è da escludere che già in quella data, dopo la quale inizierà la vera e propria discussione dibattimentale, più imputati possano chiedere il rito abbreviato. La previsione deriverebbe dalla posizione in parte ‘minore’ di alcuni imputati, specie per quelle figure che hanno incarichi dirigenziali di medio basso profilo chiamati in causa per questioni di tipo ‘normativo’ o burocratico.
Quella fiction non s’ha da fare: a due anni di distanza dai progetti preannunciati e a quattro dalla tragedia dell’hotel di Farindola (18 gennaio 2017), non riescono ancora a vedere la luce le due idee messe in campo con tanto di sceneggiature scritte e diritti opzionati e chissà mai se verranno realizzati. Per girare una fiction su Rigopiano si erano resi disponibili sia Pietro Valsecchi con la Taodue che Roberto Sessa con la Picomedia. L’enorme impatto mediatico e la tragica spettacolarità della vicenda avevano stimolato le ipotesi cinematografiche ben oltre la realizzazione di documentari con materiali reali, come fu fatto da Michele Santoro per il servizio pubblico. “Volevamo girare sulla base del punto di vista di un sopravvissuto, Parete, e con il suo libro come piattaforma, ma quando ci siamo accorti della delicatezza del procedimento giudiziario in corso ci siamo fermati – racconta Sessa -. Avevamo opzionato i diritti del libro, ma non li abbiamo esercitati. Troppa paura in giro, tra gli interlocutori”. Se il problema sono l’inchiesta e la verità giudiziaria dei fatti, allora ci sarà da aspettare parecchio: il processo riprende il 5 marzo e solo da questa data potrà entrare nella fase dibattimentale. Sembrava molto vicina a sua volta la realizzazione della fiction targata Valsecchi, tanto che più volte si era incontrato con i familiari delle vittime, “con cui ci fu anche un dibattito acceso”. Aveva predisposto anche una sceneggiatura, ma “lo scoglio iniziale dei familiari è stato duro da superare. Qualcuno pensava che fosse uno sciacallaggio – spiega Valsecchi – e capisco il loro punto di vista. Io pensavo ad un film di denuncia civile, consapevole dell’impegno organizzativo notevole a cui andavamo incontro. Ma se non ci sono le condizioni, meglio non fare nulla. Però la sceneggiatura sta lì, era ben fatta: chissà se un domani non possa essere ripresa, magari ci si può ripensare”.