Secondo la Procura di Pescara l’ex capo della Squadra Mobile Piefrancesco Muriana non ha calunniato i carabinieri forestali che indagavano su Rigopiano. Evidenziati, inoltre, i dati medico-legali che parlano di “seria sofferenza psichica”.
Secondo la Procura di Pescara l’ex capo della Squadra Mobile Piefrancesco Muriana non ha calunniato i carabinieri forestali che indagavano su Rigopiano perché in questo caso la sua accusa “venne in concreto attuata per effetto di una dinamica di ricostruzione di atti non adeguata, superficiale e soprattutto disancorata da ogni doverosa tempistica di ricostruzione dell’atto”, e “parallelamente vanno evidenziati i dati medico-legali di seria sofferenza psichica del medesimo Muriana, attestati nella documentazione sanitaria dell’Ospedale Civile di Chieti”, e infatti “si è evidenziato appunto la sua ossessiva persuasione di essere vittima di un percorso” a sua volta “di accuse calunniose, di essere perseguitato da alcuni organi di informazione, e di essere alla ricerca della verità che prima o poi sarebbe emersa”.
Per la Procura poi “l’indagato ha ammesso che nel tempo le sue convinzioni si siano così radicate da avere perso lucidità, quasi che l’autore dell’esposto fosse un’altra persona rispetto al Muriana da tutti conosciuto”. E’ quanto si legge nella richiesta di archiviazione scritta dai pm Anna Rita Mantini e Luca Sciarretta, i quali provano a mettere la parola fine su una serie di percorsi paralleli alla vicenda della tragedia di Rigopiano, quelli relativi ai veleni post catastrofe e alle successive denunce e controdenunce sulle indagini. I pm sottolineano il tentativo di suicidio di Muriana dello scorso giugno ed evidenziano “dati medico legali di seria sofferenza psichica”. I pm chiedono anche l’archiviazione del reato di depistaggio per il quale era indagato Muriana insieme ai funzionari della Prefettura di Pescara dopo l’esposto di Alessio Feniello, padre di una delle vittime, perchè ‘infondata’. Da parte sua non ci fu nessuna “volontaria omessa trasmissione di informazioni” sulle telefonate di D’Angelo, il cameriere che chiese aiuto alla Prefettura al mattino del 18 gennaio 2017, perchè furono gli “agenti prefettizi, al contrario dell’indagato. dolosamente” ad omettere “di partecipare alla polizia giudiziaria e in definitiva alla Procura”, le notizie su quella telefonata. “Fu la Prefettura sola a depistare”- concludono i pm.